Lo incontriamo nel paddock di Monza, alle prese con il suo immancabile sigaro che lo ha portato ad auto-definirsi, nel corso di una recente intervista, quale “accanito fumatore e pigro bastardo”. Di certo, la forma fisica non è uno degli argomenti che gli sta più a cuore, visto il ruolo di consulente e talent scout che svolge per il team Euronova dell’amico Vincenzo Sospiri nel campionato Auto Gp. “Taki! – lo chiamiamo – dobbiamo farti vedere una cosa”. Lui è Takachiho Inoue, 50 anni, ex-pilota giapponese di Formula 1 nelle stagioni 1994 e 1995 con Simtek prima e Footwork poi. Uno di quelle meteore non certo passate alla storia per essere un fulmine di guerra, tutt’altro: lui stesso, secondo a nessuno quanto ad auto-ironia, ha più volte scherzosamente sottolineato di essere stato uno dei piloti più lenti nella storia della Formula 1. Scherzosamente, ma non troppo, visto che i numeri per lui sono impietosi: 18 Gran Premi disputati, 13 ritiri e un ottavo posto quale miglior risultato, colto proprio a Monza nel 1995. Ma soprattutto, una serie di episodi e disavventure tra il tragicomico ed il grottesco che lo hanno visto nel ruolo di protagonista, che a volerle raccontare quasi si farebbe fatica a passare per credibili. Non appena gli mostriamo quella foto, per certi versi emblematica, che campeggia in bella evidenza sull’articolo che abbiamo dedicato alla sua carriera giusto qualche giorno fa, lui si mette le mani nei capelli e scoppia a ridere: “Me lo ricordo bene quel giorno, in fin dei conti fui fortunato a non rompermi la gamba”. Era il Gran Premio d’Ungheria del 1995, e Taki aveva appena parcheggiato la propria Arrows a bordo pista in una nuvola di fumo. Preso dalla foga di voler spegnere il principio d’incendio che si stava sviluppando nel retrotreno della propria monoposto, si diresse verso un estintore poco distante, senza accorgersi che nel frattempo stava sopraggiungendo un mezzo di soccorso che lo investì in pieno, per fortuna a bassa velocità. Scene da Inoue. Ma non fu l’unica disavventura che lo vide protagonista nel corso di quella stagione: a Monaco, nel corso delle prove libere, rischiò davvero di farsi male, e non solo per colpa sua: “A un certo punto - racconta - nel corso di un giro di rientro, mi accorsi che il pedale del freno cominciò a darmi dei problemi. Decisi di fermarmi immediatamente per evitare ulteriori guai, e di attendere la fine sessione nella speranza di essere trainato ai box. A quei tempi, il paddock della Formula 1 era situato a circa un chilometro di distanza dalla pista, per cui decisi di rimanere in macchina per evitarmi la scarpinata. Il traino venne agganciato nella zona del roll bar, sopra la mia testa, ed io con una mano cercavo di tenere dritto il cavo, mentre con l’altra mi occupavo del volante. Fortunatamente, nonostante avessi slacciato le cinture, decisi di mantenere il casco in testa”. Da dietro, difatti, arrivò a tutta velocità la safety car guidata dall’ex-pilota di rally Jean Ragnotti, il quale affrontò la prima “esse” delle Piscine (a quei tempi, ancora una curva “cieca”) salvo poi ritrovarsi l’inatteso ostacolo dinnanzi a sé. “Sentii solo una grande stridio della ruote, un tentativo di frenata, poi avvertì una gran botta ed in pochi istanti mi ritrovai catapultato a testa in giù. Mi risvegliai poco dopo in ospedale, alle prese con un gran mal di testa”. Nonostante il pericolo corso e la lieve commozione cerebrale, Inoue riuscì comunque a partecipare alla gara della domenica.

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