Trentotto anni fa, sul circuito di Zolder, perse la vita Gilles Villeneuve in seguito ad un contatto con la vettura di Jochen Mass, che procedeva lentamente verso i box. Ancora oggi il canadese è uno dei piloti più amati dai ferraristi.

Di lui e del suo stile di guida si è parlato tanto: coraggioso, sempre al limite e spesso oltre, se si considerano i diversi incidenti spettacolari di cui spesso è protagonista, ma da cui esce sempre illeso. A Zolder però le cose cambiano per sempre; Villeneuve è ottavo e sta spingendo come un dannato, con gomme usate, per battere il tempo del team mate Didier Pironi, in quel momento terzo. Perché questa necessità di battere il compagno? La risposta è da cercare nei fatti avvenuti due settimane prima, a Imola, dove si corre il GP di San Marino.

Il podio di quel Gran Premio è composto dalle due Ferrari di Didier Pironi, primo al traguardo e Villeneuve, con alle spalle Michele Alboreto sulla Tyrrell motorizzata Cosworth. Dovrebbe essere una grande festa per tutti gli uomini in Rosso, ma “l’ufficio facce” sul podio di Imola racconta tutta un’altra storia. Accanto ad un Pironi ovviamente raggiante, si vede Gilles cupo, arrabbiatissimo, che sembra guardare in cagnesco il team mate. “Fu portato a forza alla premiazione, non ci voleva assolutamente andare”, dirà anni dopo Antonio Giacobazzi, imprenditore vinicolo sponsor di Villeneuve e della Ferrari. Perché il canadese è così adirato, visto anche l’ottimo rapporto instaurato fino a quel momento col francese?

I team inglesi disertano in massa il Gran Premio di San Marino per ragioni politiche e la vittoria resta quindi un affare tra le Ferrari e le gialle Renault di Prost e Arnoux. Particolare non di secondaria importanza, che avrà conseguenze pesanti, è l’assenza ai box del Cavallino dell’ing. Mauro Forghieri, direttore tecnico di Maranello. Presente invece è il d.s. Piccinini. La prima fila è tutta per le Renault, con René in pole position, Villeneuve terzo e Pironi quarto. Già dal primo giro riescono entrambi a sbarazzarsi di Prost e a gettarsi all’inseguimento di Arnoux, che spreme a fondo la sua vettura.

Durante il 45° passaggio, il turbo della Renault si rompe, il francese si ritira e comincia a profilarsi la dopietta Ferrari, per la gioia dei tifosi presenti in massa sulle rive del Santerno. Gli ordini sono chiari, chi è davanti deve arrivare primo al traguardo; toccherebbe a Villeneuve dunque la vittoria. A 10 giri dalla fine viene esposto dal muretto un cartello con la scritta “Slow”, che risulta quantomeno ambigua. “Se fossi stato lì - commenterà Forghieri- non avrei certo esposto una tabella del genere perchè non significa niente. Piuttosto non avrei mostrato nessun segnale”.

Gilles rallenta il ritmo di gara, conscio degli accordi e probabilmente rincuorato dal cartello. Pironi però non ci sta, non ricorda (o fa finta di non ricordare) nessun accordo e infila l’Aviatore, tornando a girare molto velocemente. Dopo un momento di smarrimento, Villeneuve recupera e al penultimo passaggio passa il francese nel curvone prima della Tosa che in seguito diventerà una variante intitolata proprio a lui. A questo punto sembra essere tutto finito, ma ecco che nel giro successivo Pironi torna davanti sempre nello stesso punto, e per Villeneuve non ci sono più possibilità di replica.

Sul podio di Imola, dunque, il canadese si sente tradito dal suo team mate e dalla sua stessa squadra. Anche Enzo Ferrari sarà tiepido nei suoi confronti e questo non lo aiuterà di certo. Nelle due settimane tra San Marino e Zolder rilascia un’intervista video a Marcello Sabatini, storico ex-direttore di Auto Sprint, in cui lascia trasparire tutti i suoi sentimenti, prendendosela anche con un tifoso troppo invadente, cosa mai successa in precedenza. "Non cambio idea, mi ha rubato la gara. Gli accordi presi con Piccinini erano chiari; doveva starmi dietro come ho fatto io con Scheckter a Monza nel ’79. Guardate i tempi, vedrete che io giravo più lento quando ero davanti, lui invece tirava per staccarmi”, dice Gilles.

In questo stato d’animo, Villeneuve si presenta in Belgio. Il resto, purtroppo, è storia. Gilles vuole a tutti i costi stare davanti a Pironi e forza all’impossibile la sua Ferrari con gomme usate. Gli addetti ai lavori sono quasi tutti concordi: senza i fatti di Imola, Gilles non avrebbe rischiato così tanto. Purtroppo, non ci è dato saperlo, ma sicuramente la gestione dei piloti in quel caso da parte del muretto del Cavallino Rampante fu tutt’altro che esemplare.

“Villeneuve era un uomo puro, leale, oltre che un grande pilota”, dice Forghieri. Anche Enzo Ferrari fu duramente colpito dalla morte del piccolo e funambolico canadese. Gli ho voluto bene dirà il Drake, come d’altronde tutti i tifosi del Cavallino. Salut, Gilles!

Nicola Saglia