L’inverno della F1 è certamente bollente, ma oltreoceano anche la IndyCar sta vivendo giornate particolarmente intense. In queste settimane, infatti, si stanno svolgendo le varie sessioni di test prestagionali, e ad Homestead sono scese in pista le vetture equipaggiate con le nuove unità ibride. Oltre a questo, anche in America non sono mancate le reazioni al caso Andretti, che vede protagonista uno dei team maggiormente quotati nel motorsport a ruote scoperte americano.

L’elettrico gira in Florida

L’implementazione della componente elettrica sui motori Honda e Chevrolet delle vetture IndyCar sembrava essere diventato ormai una chimera. Dopo l’iniziale decisione di non modificare la cilindrata degli attuali V6, il management guidato da Jay Frye aveva infatti deciso di posticipare anche l’ingresso del sistema ibrido a dopo la 500 Miglia di Indianapolis, come vi avevamo già anticipato. Ecco, a noi europei è sembrato essere l’inizio del tramonto di un’era mai realmente iniziata. Pare invece che non sarà per nulla così.

La settimana passata, infatti, sul circuito di Homestead, nella sua configurazione Roval, sono scese in pista le monoposto dei team McLaren, Penske, Andretti e Ganassi equipaggiate con le rispettive PU ibride. In tutto, dieci piloti hanno percorso 3196 miglia, un numero certamente maggiore rispetto a quanto visto a novembre, e senza far segnare particolari problemi.

Questa tre giorni andata in scena in Florida è passata un po’ in sordina, ma potrebbe veramente essere fondamentale per la categoria. Il basso numero di problemi riscontrato e le ottime prestazioni fatte riscontrare, poco distanti dai tempi delle vetture non ibride fanno infatti ben sperare per il futuro. “Il grande lavoro effettuato dai team sta dando grandi riscontri. Siamo tutti molto orgogliosi ma consapevoli della lunga strada davanti a noi, e perciò continuiamo a lavorare duramente”, ha dichiarato Frye.

Kirkwood e Power soddisfatti dei risultati

A fare eco alle parole del CEO IndyCar ci hanno pensato i piloti stessi che hanno preso parte ai test. Il primo a esprimersi in maniera positiva è stato Will Power, vero decano della categoria. “Nessun inconveniente, nessun rientro per qualche problema. È andato tutto liscio. Certo, dovremo avere a che fare con la rigenerazione di energia e dovremo abituarci. Ritengo che i ragazzi stiano facendo un buon lavoro”.

Ancora più positive sono state le parole di Kyle Kirkwood, che ha testato il sistema di Honda, leggermente diverso rispetto a quello Chevrolet utilizzato sulla Penske di Power. “Non abbiamo avuto nessun problema in tre giorni di test, un bel passo in avanti. Siamo anche molto veloci, nonostante le macchine siano leggermente più pesanti e questo si senta, soprattutto nelle curve lente. L’elettrico, infatti, ci permette di recuperare tanto nel rettilineo. C’è ancora tanto da scoprire, ma direi che possiamo dire di essere nella direzione giusta per il futuro”.

Come entrambi hanno sottolineato, le pochissime interruzioni per problemi tecnici sono un dato fondamentale, oltre che molto incoraggiante. Uno degli obiettivi, tra gli altri, è quello di permettere ai piloti di riavviare le vetture direttamente dal cockpit in caso di testacoda, senza la necessità dell’intervento di una squadra di commissari, come accade oggi. Un altro cambiamento non certo da poco, pensando alla filosofia delle gare a stelle e strisce.

McLaughlin alla F1: “Tenetevi le vostre dieci squadre”

Era fatale che il caso Andretti dovesse scatenare qualche reazione anche nel mondo IndyCar. Va subito specificato che, almeno ad oggi, quello che si è visto in F1 con la mancata accettazione della candidatura del team di Michael è qualcosa di totalmente alieno a questa realtà. Indy, infatti, non è la NBA, categoria evidentemente di riferimento per il Circus, e spesso abbiamo visto team schierare una vettura o un pilota anche solo per alcune delle gare in calendario.

A dare voce al pensiero di tanti, al di là e al di qua dell’Oceano, ci ha pensato Scott McLaughlin. “Tenetevi i vostri 10 team. Noi continueremo con le nostre 27 vetture e le domeniche mattina senza la minima idea di chi vincerà la gara”. Questo il tenore del post su X del neozelandese, chiuso con l’acronimo LFG, un “let’s go” un po’ più colorito.

Difficile dare torto, nel merito, a quanto scritto dal pilota Penske, e siamo praticamente certi che in tanti nel mondo IndyCar la pensino come lui. Già in passato altri colleghi, per esempio Graham Rahal, pur se su argomenti diversi, avevano espresso il proprio disappunto verso la F1. Come detto, l’esclusione di un team strutturato come Andretti dal massimo campionato a ruote scoperte suona come qualcosa di inconcepibile.

Hunter-Reay e Daly ci riprovano a Indy

Nel frattempo, continuano gli annunci in vista della stagione che si aprirà tra circa un mese tra i muretti di St. Petersburg. In particolare, è la classicissima di Indianapolis a tenere banco, da sempre preda ambita di piloti e team esperti, ma anche, perché no, di outsiders di lusso.

Tra questi, figureranno certamente nell’edizione 2024 Ryan Hunter-Reay e Conor Daly, che porteranno in pista le vetture del Dreyer & Reynbold Racing. Captain America ha già lavorato con il team nel 2023 e si è detto impaziente di scendere in pista sul catino dell’Indiana. “Devo ringraziare il team per la fiducia che mi ha dato; correre la 500 Miglia in squadra con Ryan sarà fantastico”, ha commentato Daly.

Se in Europa non ci si annoia con tutte le novità invernali, la stessa cosa si può dire di quanto avviene negli Stati Uniti, con il mondo IndyCar in fermento in vista dell’inizio della stagione, il 10 di marzo, in Florida.

Nicola Saglia

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