Romain Dumas, vincitore della Pikes Peak 2024
Credits: Pikes Peak Official website

Gli americani la chiamano “Corsa verso le Nuvole”, con quell’orgoglio tutto yankee mischiato ad una fervida immaginazione. A noi, però, piace ancora chiamarla con il nome che l'ha resa un mito delle corse: Pikes Peak. La 102° edizione della cronoscalata più famosa del mondo ha visto trionfare ancora una volta Romain Dumas, già detentore del record assoluto, davanti allo specialista di casa nostra Christian Merli. Un podio tutto europeo completato da Dani Sordo, ma in questo spicchio dell’America più profonda il risultato finale è solo una parte della storia. 

Da avamposto di frontiera a terreno di gara

Chissà cosa ne pensa Zebulon Pike di quei matti che ogni anno rischiano la pelle per raggiungere la vetta della sua montagna. Sì, perché quei 4300 metri di roccia che sovrastano Colorado Springs, se materialmente appartengono allo stato del Colorado e di conseguenza agli USA, spiritualmente sono terreno suo, del mitico cartografo che in un’epoca ormai remota li ha scalati per primo. Partito da St. Louis, dopo aver attraversato le grandi pianure e affrontato i bellicosi indiani Pawnee, il tenente Pike e tre compagni arrivarono in cima il Giorno del Ringraziamento 1806, issandovi per la prima volta la Stars and Stripes. 

La strada, inizialmente sterrata, che porta in vetta, fu però completata solo agli inizi del ‘900, quando ormai già da 30 anni il governo vi aveva costruito un’importante stazione metereologica. Un po’ come avvenuto a Bonneville (ve lo abbiamo raccontato qui), fu una lucida follia di un business man americano a innescare la scintilla che ha poi acceso il fuoco di generazioni di petrolhead. Nel 1916, infatti, Spencer Penrose ebbe l’idea di organizzare la prima edizione della Pikes Peak International Hill Climb, aperta a motociclette e autovetture. Questo fa di lei la seconda gara più antica del continente americano, dietro solo alla 500 Miglia di Indianapolis: niente male davvero. 

20 km folli e leggendari

Lo start della Gara degli Angeli, come è anche nota, è situato a 2862 metri di altitudine, da cui inizia una serpentina lunga 19,99 km, costellati da 156 tra curve e tornanti. Quasi 1500 metri di dislivello, con pendenza media del 7% e picchi al 10,5%. Una sfida incredibile per piloti e mezzi, anche perché altitudini e dislivelli così elevati sono alla base di problemi enormi a livello di temperature e pressioni di esercizio dei motori e non solo. 

Un dato singolare: solo dal 2012 la strada è completamente asfaltata. In precedenza, i tratti sterrati (gravel), si alternavano a quelli sul tarmac. Le immagini restano in ogni caso incredibili: barriere e guard rail qui non esistono. Alle quote più basse sono gli alberi a fare da cornice, e man mano che si sale i limiti sono le rocce e… gli strapiombi! Il tutto senza contare il meteo, che molto spesso non è proprio dei più clementi.

Dagli Unser a Loeb, terra di conquista per campioni veri

Se c’è una famiglia da corsa che più di tutte ha fatto la storia alla Pikes Peak è sicuramente quella degli Unser. Sin dal 1926, i tre capostipiti Louis, Jerry e Joe hanno iniziato a battagliare (e vincere) dove contano testa, cuore e… attributi d’acciaio. In tutto, la famiglia vanta 113 partecipazioni e 38 vittorie, un record difficile anche solo da avvicinare a qualsiasi latitudine.

Ma, attenzione, perché non sono solo gli yankees a ballare da queste parti, e per capirlo basta fare un giro al Rally Legend a San Marino. È qui infatti che vengono ancora fatte ruggire le varie Audi Quattro, Peugeot 205 T16 e tante altre con cui nel corso degli anni ’80 piloti del calibro di Walther Rhorl, Michelle Mouton e Ari Vatanen (solo per citarne alcuni) hanno scritto pagine leggendarie del motorsport. Nel 2013, poi, ad abbattersi sul Picco di Pike è stato il ciclone Sebastien Loeb, con una 208 T16 del team ufficiale Peugeot Sport, che ha fatto segnare il crono record di 8:13.878

La vittoria di Loeb nel 2013
La vittoria di Loeb nel 2013

La più dura per Romain 

Romain Dumas è un pilota che ne ha viste e… vinte parecchie. Il francese detiene oltretutto il record proprio della Pikes Peak International Hill Climb, fatto segnare in 7:57.148 nel 2018, con un Volkswagen ID full electric. Bene, nel 2024 il francese si è ripetuto, ma questa volta non è stato tutto semplice per lui. 

L’edizione più stressante che abbia mai vissuto qui alla Pikes Peak! Sono venuto qui per la prima volta nel 2012, per me correre qui resta un sogno. Imprevedibile, inimmaginabile; questa corsa è unica.

Così si è espresso il francese vincitore (per la quinta volta) con il crono di 8:53.353, fatto segnare al volante del suo Ford F-150 Lightining Super Truck nella settima ed ultima prova di domenica scorsa. Dietro di lui ha chiuso l’asso della categoria, il nostro portacolori Christian Merli con la sua Wolf Gb 08, unico sul podio con una vettura non elettrica. Terzo, infatti, si è piazzato lo spagnolo Dani Sordo, con la Hyundai Ioniq N5 in configurazione time attack. Dumas, nonostante i problemi del primo settore, ha effettuato uno stint finale semplicemente pazzesco, correndo a vita persa e recuperando 18 secondi su un Merli sempre ultra-combattivo.

Storie di motorsport vero, che continua ad essere protagonista in questi angoli di mondo che cambiano, è vero, ma non si snaturano, restando quei luoghi leggendari che continueremo ad amare. Appuntamento al 2025, ora, per altre emozioni dalla Pikes Peak. E chissà che al vecchio Zebulon, da lassù, non scappi un bel sorriso: sotto il cappello da cowboy, ovviamente! 

Nicola Saglia