Motomondiale | Mandalika 2025 - Commento LIVE Gara

Credits: Getty Images / Red Bull Content Pool / AAMR6VIXS1CFAQRKJ3PX
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Quando il tam tam dell'Internet ha informato il mondo del passaggio di Stefano Domenicali al BSMT di Gianluca Gazzoli, prima di schiacciare play avremmo dovuto porci una domanda.

Quale domanda?

A parte le motivazioni legate alla linea editoriale del podcast, perché mai il CEO della F1 dovrebbe passare e parlare del Circus nel seminterrato di Gazzoli, luogo fin troppo “pop” e contesto dove si pratica una particolare forma di story-telling, senza contraddittorio, che diventa efficace e spettacolare in funzione del bagaglio aneddotico e della personalità dell'ospite (come, ad esempio, negli episodi con coach Dan Peterson o Gerry Scotti)?

Mariano Froldi (uno degli amici de #lanostraf1 che apprezziamo particolarmente) aveva ribattezzato sarcasticamente Stefano Domenicali in “Don Menicali” per “quel suo fare un poco ‘chiesastico’ da parroco di campagna in mezzo ai lupi”, in una descrizione dall'esterno che sposiamo in toto. Questo paragone (quasi manzoniano) non è citato a caso, visto che l'intero intervento di Domenicali, per toni ed eloquio, è paragonabile ad una gioviale omelia della domenica mattina.

Come in un'omelia, lo spazio per gli aneddoti è quasi zero: infatti, su un'ora di intervista se ne contano tre, di cui due relativi al recente film “F1” e uno sul GP del Brasile edizione 2008. Lungo l'intervista, molti temi vengono affrontati soltanto sfiorandone la superficie: per cui non abbiamo aneddoti, ad esempio, sulla fine del rapporto con Ferrari o su come sia strutturata la sua giornata durante i GP (per quanto non ci siano dubbi sull'integrità professionale di Domenicali). Ad essere sinceri, lungo tutta l'intervista, questa mancanza si nota, ma in fondo ognuno è libero di non raccontare la propria esperienza, Domenicali incluso.

Credits: Pirelli Media Library
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Ragionare al contrario

A partire da questa osservazione, possiamo analizzare l'intervento di Stefano Domenicali facendo un ragionamento al contrario, ovvero partendo da quanto non è stato detto per risalire a quello di cui effettivamente si è parlato.

In un'ora di conversazione, stando ai nostri taccuini, Stefano Domenicali ha citato Michael Schumacher due volte, Lewis Hamilton cinque (perché consulente del film “F1”) e Max Verstappen zero. I tre nomi appena citati rappresentano il 20% dei Titoli Piloti F1 fino ad ora assegnati: il tedesco rappresenta un pezzo fondamentale di storia vissuta da Domenicali in Ferrari e l'olandese è il presente del Circus, eppure non trovano lo spazio che avrebbero meritato nella lunga chiacchierata tra il CEO della F1 e Gazzoli. Così come non trova mai spazio un concetto importante, ovvero lo sport

L'intervento del CEO della F1 risulta essere un'infinita lode agli indici di gradimento in costante ascesa del prodotto F1, al cambio generazionale (e di target) della massima Formula e alla metamorfosi che, in generale, il “pinnacolo dello sport motoristico” stia vivendo. Una metamorfosi talmente marcata che la persona più rappresentativa non ne parla più in termini sportivi, ma come intrattenimento, come alternativa ad un concerto o a uno spettacolo, come vibe, come place to be.

Il futuro passa da qui

Dobbiamo sempre tenere a mente che il presente e il futuro della F1 oggi passano obbligatoriamente da Liberty Media, di cui Stefano Domenicali ne è esponente plenipotenziario.

Se i padroni della vaporiera parlano di un prodotto che è uno spettacolo da vendere ad una clientela che in gran parte ha la memoria corta (e non ricorda chi ha vinto l'anno scorso, per esempio…) o problemi di concentrazione su contenuti più articolati nonché desiderosa di vedere quante più celebrity sugli spalti…dobbiamo prenderne atto.

Prendendo spunto da un passaggio dell'intervista di Domenicali al BSMT, dobbiamo considerare come normalità che la pole position di George Russell a Singapore venga premiata da Alan Walker, DJ e produttore musicale norvegese. Ci viene voglia di chiedere “lui chi è, come mai l'hai portato con te, il suo ruolo mi spieghi qual è?”, eppure dobbiamo metterci il cuore in pace che va bene così, la F1 dispone uno spettacolo e il pubblico paga per questo.

Credits: Pirelli Media Library
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Una questione di influenza

Quello che Stefano Domenicali ha detto è ciò che, ormai, diciamo da tempo: la F1 non è più uno sport che genera uno spettacolo, è uno spettacolo che ha una parvenza sportiva. Come il wrestling, che ogni settimana mette in scena una pantomima dove i protagonisti si prendono a sberle.

Vedendo come la F1 gestisce (legittimamente, ma in modo certamente opinabile) gli accessi in pista o in sala stampa, nasce il sospetto che per il Circus oggi sia irrilevante avere delle persone che ai GP raccontino l'azione sportiva in pista: piuttosto, la massima Formula ha bisogno di celebrità in grado di influenzare il pubblico veicolando la vendita di un prodotto che non è più uno sport, ma un “semplice” spettacolo.

In fondo la risposta alla domanda iniziale è lì, neanche troppo nascosta: andando da Gianluca Gazzoli e dal suo popolarissimo “Passa al BSMT”, il CEO della F1 non ha fatto altro che veicolare la pubblicità del proprio prodotto ad un bacino di utenti, forse disinteressato al mondo automobilistico, ancora più ampio.

Arrivati a questo punto, forse dovremmo piantarla di seguire questa emanazione del motorsport e dedicarci ad altri campionati, dove il contenuto sportivo è più sincero. E forse noi che parliamo di questa “cosa” chiamata F1 dovremmo chiederci: che senso ha parlare e trattare di sport, una cosa che è, nelle intenzioni di chi la gestisce, diventata tutt'altro?

Luca Colombo