L'Arabia Saudita ha un piano: diventare un punto di riferimento mondiale, anche in ambito motoristico. Sono innumerevoli gli eventi che già si svolgono sul suolo arabo, che dal 2024 potrebbe ospitare anche la MotoGP. Lo scorso settembre, un incontro tra Carmelo Ezpeleta ed il principe Khalid Bin Sultan Al Faisal ha sancito un primo passo verso l'approdo della MotoGP in terra saudita. Quello tra il paese arabo e la MotoGP è un flirt che continua già da qualche anno, con la vicenda Aramco/VR46 a costituirne un esempio. Ora i sauditi puntano ad un GP già nel 2024, ma la MotoGP è solo un piccolo pezzo di uno scenario molto più ampio.

ARABIA SAUDITA-MOTOGP, UN FLIRT FINITO IN COMMEDIA

Era l'inizio del 2021 quando sulle moto dello Sky Racing Team VR46 comparve un insolito adesivo sulla parte bassa della carena: "KSA New Cities". Il logo, insieme a quello di altre tre città fantasma, è poi rimasto sulla moto del team fino a fine stagione. Durante l'anno è quindi comparsa una nuova figura: "Tanal Entertainment Sport & Media". Quest'ultima società prometteva di fornire attraverso Aramco le garanzie economiche necessarie alla VR46 Riders Academy per il passaggio in MotoGP. Un susseguirsi di comunicati, video interviste con pochi e selezionati giornalisti, ma soprattutto di ritardi nei pagamenti hanno poi evidenziato quello che col tempo è diventata più una gag che un reale rumors nel paddock.

Credits: motogp.com

Dei loghi comparsi sulla moto del team di Tavullia nessuno era di società registrate e l'unico vero logo, quello della città di "Neom", non era stato autorizzato. Delle città di "Tanal", "Fantastic City", "KSA New Cities" e della quarta senza nome non vi è traccia in Arabia Saudita e nemmeno nei piani di Sua Altezza Mohammad bin Salman Al Sa'ud. Aramco da quanto appreso poi era all’oscuro di questa operazione tanto da, negli stessi giorni, stringere un accordo con Liberty Media. Ad oggi è veramente difficile ricostruire i vari aspetti di questa vicenda. Così come capire i passaggi che abbiano portato un team di altissimo profilo gestito da Alessio "Uccio" Salucci, che rappresenta una leggenda come Valentino Rossi, a rimanere invischiato in questa paradossale situazione.

ARAMCO SI PRENDE LA F1

Quasi contestualmente a quella controversa vicenda avvenuta nel paddock della MotoGP, nei primi giorni di agosto 2021 quello della F1 saluta invece la firma tra Aramco e Liberty Media che accoglie la società saudita tra i Global Partner del Mondiale. Già, ma cosa è Aramco?

Saudi Aramco è una società nata nel 1933 per gestire le concessioni petrolifere americane in terra saudita. Dopo quattro infruttuosi anni di ricerche, nel 1937 fu scoperto il primo giacimento che permise alla società di decollare. La storia andrebbe avanti tra passaggi di mano tra compagnie americane ma, per farla breve, Aramco si è evoluta ed oggi è un'azienda globale integrata di energia e prodotti chimici. Di fatto, un barile su otto di greggio porta il loro marchio, fino ad evolversi negli ultimi anni nello sviluppo di nuove tecnologie energetiche.

Credits: americas.aramco.com

Aramco è di fatto l'azienda di Stato più fruttifera al mondo: essa ha superato la Apple come la più grande azienda quotata in borsa al mondo per capitalizzazione di mercato. Con Aramco il governo saudita ha iniziato il suo processo di occidentalizzazione, almeno a livello economico. Essendo, come detto, quasi al 100% di proprietà del governo saudita, di fatto dietro ogni partnership di Aramco c'è la linea imposta da Sua Altezza Mohammad bin Salman Al Sa'ud. 

IL MOTORSPORT IN MANO ALL'ARABIA SAUDITA

Il primo evento di motorsport internazionale ad approdare in Arabia Saudita è stata la Race of Champions ad inizio 2018. Pochi mesi dopo è toccato alla FormulaE, con il round d'apertura della stagione che ha visto l'esordio delle "Gen2". Nel 2020 è toccato alla Dakar approdare nel deserto saudita dopo oltre una decade in Sud America. Una Dakar che ha visto interrompersi la striscia di 19 successi consecutivi di KTM con il successo di Joan Barreda e del team HRC. Nell'autunno del 2021 è arrivata la Formula1 con il GP d'Arabia Saudita, penultimo round del duello tra Max Verstappen e Lewis Hamilton. Nello stesso anno si è presentata in Arabia Saudita anche la Extreme E, un campionato di auto da fuoristrada a trazione elettrica che vede scambiarsi alla guida equipaggi misti.

Ora sembra essere il turno della MotoGP. Come detto, a Misano lo scorso settembre c'è stato un incontro tra Carmelo Ezpeleta, CEO di Dorna, ed il principe Khalid Bin Sultan Al Abdullah Al-Faisal, presidente della Saudi Automobile and Motorcycle Federation e della Saudi Motorsport Company. I due hanno firmato, in quella occasione, un memorandum che impegna le parti a portare la MotoGP in Arabia Saudita nei prossimi anni, oltre alla creazione di una serie propedeutica a crescere giovani piloti sauditi.

L'ORA DELLA MOTOGP

Dopo qualche mese iniziano a circolare le prime date: impossibile ovviamente che l'Arabia Saudita entri nel calendario 2023, ma le parti faranno di tutto perchè nel 2024 si arrivi a correre su un nuovo circuito in terra araba. Nuovo circuito permanente che sorgerà probabilmente nei pressi di una delle quattro città del progetto "Neom" della quale fa parte l'avveniristica "The Line". Un enorme complesso alto cinquecento metri, largo duecento ma lungo ben 170km che promette di ospitare fino a nove milioni di abitanti, passando dal mare, alla montagna fino al deserto. Nel lungo periodo il circuito potrebbe essere costruito come nuovo polo entertainment di questo centro abitato, ma nel breve serve una pista fissa oggi facilmente raggiungibile.

Credits: neom.com

Non potendo correre nell'attuale pista della F1, il governo arabo sta già lavorando ad una nuova pista permanente che dovrebbe ospitare i prossimi GP sia di Formula1 che MotoGP a partire dal 2024. Oggi il calendario conta 21 gare, di cui ormai solo 11 in Europa e con l'arrivo dell'Arabia Saudita nel 2024 il numero di Gran Premi salirebbe a 22, con una divisione perfetta tra Europa e resto del mondo.

IL PIANO SAUDITA

L'Arabia Saudita negli ultimi cinque anni si è aperta al mondo. Con l'Occidente che sta puntando, lentamente, alle energie rinnovabili, lo stato arabo che basa tutta la sua ricchezza sui giacimenti petroliferi si è dovuto reinventare. Sua Altezza Mohammad bin Salman Al Sa'ud ha dunque iniziato un processo che intende portare l'Arabia Saudita come Stato di riferimento non solo nel Golfo Persico. Come gli altri paesi della zona, Bahrain, Qatar ed Emirati Arabi Uniti, l'Arabia Saudita ha dapprima provato con il turismo di lusso. Se oggi Losail ed Abu Dhabi sono punti di riferimento in tale ambito, Riyadh e Jeddah sono ancora lontane dalle altre città del golfo. In una recente conferenza, Sua Altezza Mohammad bin Salman Al Sa'ud ha mostrato le carte ed i piani del suo regno:

"Io penso che la nuova Europa sarà nel Medio Oriente. L'Arabia Saudita nei prossimi cinque anni sarà completamente diversa, il Bahrain sarà totalmente diverso, così come il Kuwait. Anche il Qatar, nonostante le nostre differenze (Qatar e Arabia Saudita sono due stati rivali le cui relazioni sono complicate da tempo, ndr), ha una economia molto forte e sarà totalmente diverso tra cinque anni. Emirati Arabi Uniti, Oman, Libano, Giordania, Egitto, Iraq hanno grandi opportunità. Se avremo successo nei prossimi cinque anni, molti paesi ci seguiranno e la rinascita globale nei prossimi 30 anni sarà in Medio Oriente. Questa è la guerra Saudita, questa è la mia guerra che prendo personalmente e non voglio morire prima di vedere il Medio Oriente in prima linea nel mondo e penso che ci riusciremo al 100%".

INFLUENCER E SPORTIVI DEL REGIME

Negli ultimi cinque anni, come detto, è iniziato un processo di apertura, ad esempio pagando diversi influencer di tutto il mondo ed offrendo loro esperienze incredibili. Non solo influencer nella schiera degli "sponsor" per l'Arabia Saudita, ma anche stelle come Leo Messi. L'argentino, che poche settimane fa nel paese rivale dei sauditi ha alzato la Coppa del Mondo, è uno degli uomini immagine della campagna "Visit Saudi", con un contratto da 25 milioni.

Una cifra tutto sommato contenuta, considerando che il suo collega Cristiano Ronaldo ha appena firmato un contratto da 200 milioni a stagione per i prossimi due anni e mezzo con l'Al-Nassr Football Club. La squadra della capitale pagherà così CR7 ben 500 milioni di euro nei prossimi due anni. Il contratto tra il portoghese ed i sauditi però non si ferma qui: infatti i sauditi non vogliono essere da meno rispetto ai rivali qatarioti e puntano ad ospitare il mondiale di calcio 2030. Il contratto di Cristiano Ronaldo prevede infatti che oltre a giocare, egli diventi ambasciatore dell'Arabia Saudita affinché ottenga quel mondiale. Nel caso di ripetizione di un "mondiale invernale" come quello appena vissuto, CR7 incasserebbe un bonus di altri 500 milioni di Euro.

LA STRADA QATARIOTA

Non solo sportivi ed influencer, come già fa da diversi anni il Qatar grazie al proprio fondo sovrano, anche l’Arabia Saudita da poco più di un anno si è comprata un club europeo. Se fondo sovrano qatariota oggi può contare sul Paris San Germain, nell’ottobre 2021 il Public Investiment Fund (fondo sovrano saudita, ndr) ha rilevato il Newcastle United Football Club. Il club inglese, fortemente indebitato a rischio retrocessione dalla Premier League è stato salvato sia economicamente che a livello sportivo.

Oggi, quindici mesi dopo l’acquisizione il Newcastle si trova al terzo posto della Premier League. Gli inglesi molto sensibili ai temi dei diritti civili e sociali nei mesi dell’acquisizione avevano contestato la società i cui vertici sono gli stessi sceicchi che governano l’Arabia Saudita ma oggi, un solo anno dopo, con la squadra in zona Champions queste proteste sono sempre più ridotte.

LA PAROLA D’ORDINE

"I soldi non comprano la felicità" dice un vecchio proverbio nostrano: in Arabia Saudita non sembra la pensino così però. Come abbiamo visto, il paese arabo vuole dettare legge nei prossimi anni "scontrandosi" con l'Occidente. Il regno di Sua Altezza Mohammad bin Salman Al Sa'ud però, come tutti i regimi, ancora oggi opprime minoranze, nega diritti civili e sociali, oltre a perseguitare i giornalisti che si oppongono al regime.

L'impressione è che queste, come ovviamente tutte le altre operazioni legate al motorsport, siano un tentativo di rendere l'immagine dell'Arabia Saudita diversa da quella che è attualmente. Il termine sportwashing è destinato a diventare assai popolare nell'immediato futuro.

Mathias Cantarini