Quanto accaduto oggi a Luis Salom, tragicamente scomparso in seguito ad una caduta avvenuta durante le prove libere della Moto2 a Barcellona, rappresenta il classico esempio di come non si debba mai sottovalutare alcunché, per non dover correre il rischio di piangere altre vittime di questo sport così magnifico e, al tempo stesso, crudele. Motorsport is dangerous: è scritto un po' ovunque, quasi a voler rappresentare un monito volto a ricordare che, tra le mille emozioni che questi ragazzi in pista sono in grado di regalare, esiste ancora una componente di rischio che sarebbe fuorviante sottovalutare.

Ed i risultati si sono visti: l'ultima morte in circuito, tristemente famosa, riguarda quella del compianto Marco Simoncelli, investito dalle moto di Edwards e Rossi a Sepang il 23 ottobre 2011. Una tragedia per alcuni inevitabile, vista la dinamica dell'incidente, drammaticamente simile a quella che, soltanto pochi mesi prima, era costata la vita a Shoya Tomizawa in Moto2 sul circuito di Misano. Al punto da far pensare a molti che l'unica causa possibile di una morte in pista potesse essere ormai legata a quella di un "investimento" di un pilota steso sull'asfalto da parte di una moto sopraggiungente. Troppo elevati gli standard di sicurezza raggiunti su tutte le piste, specialmente dopo l'incidente mortale di Kato a Suzuka nel "lontano" 2003, che aveva portato all'esclusione della pista giapponese dal calendario e all'irrigidimento degli standard di sicurezza, volti a prevenire situazioni di pericolo derivanti dall'eccessiva vicinanza delle barriere alla pista.

Eppure, rivedendo le immagini di quanto accaduto oggi al Montmelò, si fa sempre più strada la convinzione che la tragedia di Luis Salom si sarebbe potuta evitare. Il pilota spagnolo ha infatti perso l'anteriore in entrata della curva 12, una veloce piega a destra che precede il curvone finale dell'autodromo catalano, percorrendo l'intera via di fuga in asfalto ad alta velocità alle spalle della propria moto, per poi urtare violentemente contro quest'ultima prima di finire contro le protezioni. Sarebbe stato proprio l'impatto contro la moto a causare le ferite poi rivelatesi mortali. Eppure, se si esclude la fatalità dell'urto accidentale contro la moto che rimbalza dall'urto contro le protezioni (in una dinamica che ricorda da vicino quanto accadde a Corrado Catalano a Hockenheim nel 1993), è doveroso chiedersi cosa si sarebbe potuto fare per cercare di deviare la traiettoria della moto, o quantomeno ridurre la velocità d'impatto.

Occorre innanzitutto sottolineare che la curva in questione, nella conformazione riservata alle auto, assume un raggio decisamente più stretto: in questo caso, infatti, essa precede la stretta chicane introdotta da alcuni anni, volta a rallentare la velocità d'immissione delle vetture nel lungo rettifilo dei box. Per quanto riguarda le moto, invece, viene ancora usata la conformazione "vecchia" del circuito, che prevede due curvoni veloci da affrontare in rapida sequenza prima del traguardo. Ora, come evidenziato dall'incidente odierno, la via di fuga della curva 12 si è confermata assolutamente inadeguata e, soprattutto, inefficace: se da un lato pilota e moto sono finiti ad alta velocità contro le protezioni, dall'altro occorre sottolineare come prima dell'impatto essi non abbiano visto minimamente rallentata la propria corsa, proprio a causa della presenza dell'asfalto in luogo della ghiaia. Ma se l'asfalto si rivela un ottimo elemento per le quattro ruote, visto che garantisce un maggiore potere frenante in caso di uscita di pista, ciò non vale invece per le moto, che invece avrebbero bisogno di qualcosa di diverso (per l'appunto, la ghiaia) al fine di poter rallentare la corsa di mezzo e, soprattutto, centauro.

E' fuori discussione, infatti, che se in quel punto vi fosse stata la presenza della ghiaia (presente, in maniera quasi beffarda, soltanto pochi metri più in là) la folle corsa di moto e pilota sarebbe stata deviata e, di sicuro, rallentata, al punto da non dover assistere alle tragiche conseguenze di cui adesso stiamo parlando. Sono numerosi i circuiti che ospitano allo stesso tempo il Motomondiale e le quattro ruote: ma non si può e non si deve pensare che le misure di sicurezza possano variare soltanto in base alla presenza o meno degli air fence in luogo delle gomme a protezione dei muretti. Sarebbe bastato ampliare il "letto" di ghiaia, o al limite utilizzare la chicane, per evitare che una banale scivolata potesse trasformarsi in tragedia. I drammi, nel mondo dei motori, sono (purtroppo) spesso serviti per "insegnare" qualcosa: l'auspicio è che la morte di Luis Salom non rimanga tristemente vana.

Marco Privitera

 

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