L'immediata reazione di Uber è stato l'annuncio della sospensione dei test. Le prime risultanze delle indagini della polizia, però, descrivono una dinamica per la quale il sistema Driverless di Uber nulla avrebbe potuto per evitare la morte della Herzberg, la quale si sarebbe resa protagonista di una manovra azzardata attraversando di colpo la strada al di fuori delle strisce pedonali e spingendo a mano la bici. Il risvolto che pare attenuare le responsabilità dei test è che anche un guidatore in carne ed ossa nulla avrebbe potuto fare per evitare il sinistro. La telemetria della Volvo XC90 segnala che l'auto stava viaggiando a 70 km/h quando la donna ha attraversato di colpo la sede stradale. Le notizie che giungono dall'Arizona parlano inoltre di assenza di segnali di frenata.

A dirla tutta questa non sembra essere una prova regina che scagiona del tutto il Driverless. La domanda se l'essere umano avrebbe potuto fare meglio del sistema computerizzato resta. Di certo c'è solo che sono molte le autovetture di serie che sono dotate di "pedestrian detenction", il sistema che frena in automatico quando avverte la presenza di un pedone ed il conducente non sta azionando i freni per evitare l'impatto.

Sulla morte di Elaine Herzberg restano quindi molto dubbi. Forse la solerte polizia americana riuscirà a fornire un quadro più dettagliato della situazione e cercare di capire se davvero c'è stata una falla nel sistema che Uber ha prontamente bloccato. Nulla ha potuto la scienziata a bordo della Volvo XC90, Rafaela Vasquez, al momento dell'impatto. Una brutta vicenda che però potrebbe far aumentare l'attenzione degli sviluppatori di sistemi di guida autonoma con l'obiettivo delle zero vittime sulla strada.

Fabrizio Crescenzi