La storia della Lotus comincia nel 1952, quando Colin Chapman decide di fondare la Lotus Engineering. Il nome Lotus è un riferimento al loto, ovvero il fiore preferito della moglie Hezal, mentre lo stesso Chapman decide di mettere nello sfondo del marchio come acronimo le iniziali del suo nome, così come da egli stesso affermato in un'intervista al giornalista svizzero Adriano Cimarosti: “Sono semplicemente le iniziali del mio nome: Anthony, Colin, Bruce e Chapman”. La Lotus raggiunge nel 1953 e nel 1954 il successo nelle auto sportive con la Mc6 e Mc8 e, in quest’ultimo anno, Chapman decide di fondare il team Lotus.

Sulla griglia di partenza la maggior parte delle vetture sportive iscritte quell’anno sono Lotus 11 alimentate dal motore Coventry Climax, mentre i due piloti ufficiali del Team Lotus sono Cliff Allison e Reg Bricknell. In quello stesso anno, Colin Chapman partecipa alla sua unica gara nel Mondiale di Formula Uno con la Vanwall (di cui era anche il giovane progettista), ma mentre la sua creazione riesce a vincere una gara non valida per il campionato a Silverstone, il Chapman pilota conclude ultimo in classifica.

L’anno successivo nasce la Lotus 12 guidata da Allison e nel 1958 vince la classe F2 nel Trofeo Internazionale di Silverstone, battendo la Cooper di Stuart Lewis-Evans. In quello stesso anno il Team Lotus fa il suo debutto in Formula 1 nel Gran Premio di Montecarlo, schierando come piloti Graham Hill e lo stesso Cliff Allison. Nel 1959 i motori Convetry Climax vengono portati a 2,5 litri e Chapman continua con la soluzione del propulsore anteriore, ma le sue monoposto non ottengono buoni risultati, tranne un quarto posto ottenuto da Innes Ireland nel Gran Premio d’Olanda. Dopo questa deludente stagione, Chapman decide che per la stagione 1960 il motore della Lotus 18 fosse spostato alle spalle del pilota. Con questi importanti cambiamenti, la Lotus 18 affidata al Rob Walker Racing Team ottiene due successi grazie a Stirling Moss a Montecarlo e Riverside. Grazie a questi risultati, il team cresce e Chapman decide di spostare la sede a Cheshunt portando alla sua corte il pilota che diventerà uno dei simboli del team Lotus: Jim Clark.

La prima vera vittoria della Lotus arriva nel 1961 ad opera di Innes Ireland a Watkins Glen, ma l’ anno sarà funestato da un grave incidente a Monza in cui sarà coinvolto Jim Clark e il pilota tedesco della Ferrari, Von Trips. La Lotus di Jim Clark tampona la Ferrari di Von Trips, che dopo due terribili testacoda vola ad oltre 200 km/h contro la rete di protezione uccidendo tredici spettatori e causando una ventina di feriti, mentre Von Trips muore sul colpo. Questo è il primo episodio di un rapporto difficile e funesto che caratterizza il Gran Premio d’Italia e il Team Lotus.

Nel 1962 nasce la Lotus 25, che viene ricordata per essere la prima monoscocca costruita in Formula 1, la prima delle evoluzioni tecniche che Chapman mostra alla Formula 1 e al motorsport. Con questa monoposto Jim Clark vince tre Gran Premi, ma la vittoria del titolo piloti va a Graham Hill e alla sua BRM, che si mostra più robusta rispetto alla concorrenza.
Jim Clark e la Lotus si rifanno l’anno dopo ottenendo il primo titolo iridato con sette vittorie sulle dieci gare disputate e conquistando il titolo anche nel Campionato turismo inglese con la Lotus Cortina guidata da Jack Sears.

Nella stagione 1964, dopo un primo quarto posto, sembra che la Lotus di Jim Clark possa di nuovo competere per la vittoria iridata trionfando in tre Gran Premi, ma la Ferrari di Surteers riesce a sbaragliare la concorrenza portando a casa il titolo, mentre Jim conclude solamente terzo, con il pilota inglese che si consola vincendo il British Touring Car Championship.

L’anno 1965 vede di nuovo il dominio di Jim Clark, che conquista sei vittorie con la Lotus 33, alcune delle quali davvero incredibili, come quella nel Gran Premio del Sud Africa, che corre con un busto protettivo dopo una brutta caduta sul ghiaccio. Jim si rende protagonista anche nel Gran Premio di Inghilterra, quando continua a correre nonostante il motore in avaria per 30 degli 80 giri previsti per la gara.

Jim Clark in questa stagione non partecipa al Gran Premio di Montecarlo perché impegnato nella 500 miglia di Indianapolis, gara che vince domimandola completamente. Walter Hayes in seguito a questa impresa afferma: "Quando Clark vinse la Indy 500 nel 1965 a ogni giro in testa aveva 150 dollari di premio. Jim fu al comando per 190 giri su 200, quella tattica lo affascinava. Mi disse: che bello, era come giocare con un registratore di cassa. Io facevo un giro e lui click, cilick, 150 dollari, poi altri 150 dollari."

La Lotus oltre alle prodezza di Clark deve affrontare anche due gravi incidenti in cui piloti sono usciti illesi: durante il Gran Premio di Monaco l’auto di Paul Hawikins finisce nel mare, mentre in Belgio la macchina di Richard Attwood centra un palo della luce e prende fuoco. L’anno 1966 e l’anno 1967 rappresentano una fase di transizione per il team, che deve fare i conti con il nuovo motore a tre litri che all'inizio coglie impreparato l’intero team inglese. Nel primo anno la Lotus corre con il vecchio a due litri e Clark ottiene la vittoria solo nel Gran Premio degli Stati Uniti, con la 43 che monta un motore BRM 16 litri.

Lo sviluppo continua anche nel 1967 con l’esordio nel Gran Premio d’Olanda della Lotus 49 spinta dal motore Ford, progettato dall’ex dipendente della Lotus Keith Duckworth, con la quale Jim Clark riesce a vincere tre gare, ma con il titolo piloti che va a Danny Hulme su Brabham.

La Lotus torna competiva nella stagione 1968 che si apre in maniera positiva: Graham Hill conquista la pole e in gara ottiene il giro veloce e il secondo posto dietro a Jim Clark, ma questa sarà la sua ultima vittoria in Formula Uno. Il 7 aprile muore durante una gara di F2 a Hockenheim mentre guida una Lotus 48. Il campionato viene quindi vinto dall’altro pilota della Lotus Graham Hill  al volante prima della 49 e poi della 49B, che fa il suo esordio a Monaco e riconoscibile per i parafaghi anteriori. In quello stesso anno la sede si sposta a Hethel nel Norfolk, luogo costruito su una ex base bombardiere Raf Hethel, dove le piste un tempo utilizzate dagli aerei vengono trasformate in un ambiente di prova per le varie vetture Lotus.

Dall’anno 1969 la Lotus decide di lasciare la classifica colorazione verde-gialla per passare alla rosso/oro grazie adun accordo con il produttore dei tabacchi Gold Leaf, introducendo un altra importante novità per la Formula Uno. Per la prima volta si ha una sponsorizzazione da parte di un produttore non strettamente legato al materiale tecnico impiegato dai team, ma di un mondo completamente estraneo dal mondo delle corse. L’anno vede il nuovo pupillo di Chapman, l’austriaco Jochen Rindt che vince una gara.

Nel 1970 Jochen Rindt vince cinque gare guidando all'inizio la 49 e poi la 72, che Chapman progetta insieme a Maurice Philippe. La monoposto ha delle barra di torsione nelle sospensioni, mentre ai fianchi monta i radiatori e sul posteriore è presente anche un alettore a balzo. Rindt però non riesce a festeggiare il titolo iridato perché muore durante un incidente durante le prove del sabato del Gran Premio d’Italia; la magistratura italiana apre un'inchiesta e mette sotto accusa la Lotus e Colin Chapman per la scarsa sicurezza della monoposto. Proprio in una intervista, Rindt dichiara a Heinz Pruller, commentatore sportivo dell’emittente austriaca ORF, la volontà di ritirarsi dopo la vittoria del titolo iridato:
J. Rindt: “Mi voglio ritirare quando diventerò campione del mondo.”
H. Pruller: “Ma se vinci il titolo, non vorresti continuare e provare a battere il record dei Gran Premi vinti di Jim Clark?”
J. Rindt: “No, guarda Jimmy dov’è ora.”

Dopo Monza, il team Lotus si affida a Fittipaldi, che viene promosso a leader della scuderia e riesce a impedire a Jack Ickx di conquistare il titolo con la Ferrari. La stagione 1971 vede la Lotus dietro alla Tyrell di Jackie Stewart e Francois Cevert, mentre Chapman tenta di ricostruire il team intorno a Fittipaldi e testa novità che verranno sfruttate appieno nel 1972 quando la Lotus cambia ancora livrea diventando nera-oro per la sponsorizazione di sigarette John Player ed Emerson Fittipaldi diventa campione del mondo con cinque vittorie davanti a Jackie Stewart.

L’anno successivo arriva Ronnie Peterson, con cui Chapman ha un rapporto d’amore e d’odio. Ancora una volta il principale rivale dei piloti della scuderia Lotus è Jackie Stewart. Durante la prima fase del campionato Fittipaldi conquista 41 punti, mentre Peterson solo quattro punti. La situazione cambia quando i rapporti tra Emerson e Chapman cominciano a detoriarsi a causa del passaggio del brasiliano al team Mclaren per la stagione 1974. Infatti, dal Gran Premio del Belgio, Ronnie Peterson ha l’auto più competiva e conquista 48 punti contro i soli 14 per il brasiliano e la Lotus festeggia il titolo costruttori.

Dal 1974 fino al 1977, quando nasce la prima vettura ad effetto suolo, la Lotus vive un momento di transizione in Formula 1, ottenendo solo tre successi con Ronnie Peterson al volante della vecchia vettura nel '74. Dopo il disastroso 1975, Ronnie Peterson decide di abbandonare la scuderia l’anno seguente. Solo con la nascita della 77 e con l'arrivo di Mario Andretti la scuderia inglese torna alla vittoria nel Gran Premio del Giappone.

Nel 1977 arriva una nuova evoluzione dentro la casa della Lotus, sfruttando l’applicazione dell’aria del teorema dei Beurnouilli: nasce la Lotus MK78, la prima vettura ad effetto suolo che sfrutta una elevata aderenza al suolo in curva. Con questa monoposto, Mario Andretti riesce a conquistare 4 vittorie, ed un'altra viene conquistata dal compagno di squadra Gunnar Nilsson, che morirà poi per un tumore il 20 ottobre 1978.

La Mk79 è la successiva evoluzione del precedente modello, con perfezionamento dell’effetto suolo. Si assiste in questo periodo anche al ritorno di Ronnie Peterson dopo due anni, ma il ruolo di prima guida viene affidato a Mario Andretti perché a differenza del pilota svedese non ha abbandonato la scuderia nei suoi anni di transizione. La Lotus domina il mondiale 1978 con 9 vittorie (7 per Andretti e 2 per Peterson), ma la gioia della conquista del titolo piloti e del titolo costruttori viene offuscata da un nuovo incidente mortale, di nuovo a Monza nel Gran Premio d’Italia. Durante il warn-up lo svedese danneggia la propria monoposto ed è costretto ad usare una monoposto più vecchia per la gara italiana. Alla partenza lo svedese si ritrova con il motore che non da potenza e viene sfilato da tutte le monoposto che lo seguono e in prossimità della prima variante, si trova stretto ta James Hunt e Riccardo Patrese. La Lotus sbanda e va sbattere violentemente contro il guardrail rimbalzando a centro pista, viene centrato dalle altre macchine e infine si incendia. Viene soccorso subito dagli altri piloti, tra cui James Hunt, venendo portato all’ospedale, ma il pilota muore a causa delle complicanze per le numerose fratture. Ancora una volta Colin Chapman si trova di nuovo nell’occhio del ciclone, ma dopo la responsabilità della morte di Peterson cade su Riccardo Patrese e James Hunt.

Nel 1979, dopo l’abbandono dello sponsor John Player, la livrea torna ad essere del colore verde per la Lotus 80, con cui si tenta di sfruttare in maniera esasperata l’effetto suolo, ma la monoposto non ottiene i risultati sperati dal team. L’anno dopo arriva alla corte di Chapman, Elio de Angelis, ma anche con la Lotus 81 non si ripetono gli ottimi risultati della stagione ‘78 e l’unico segnale positivo è un secondo posto ottenuto da Elio de Angelis nel Gran Premio del Brasile.

Per la stagione 1981 il nuovo regolamento prevede l’abolizione dellle minigomme e Chapman, interprentando il regolamento, decide di creare la rivoluzionara Lotus 88, che con il suo doppio telaio può sfruttare l’effetto suolo senza l’uso delle minigomme. De Angelis riesce a portare in pista la vettura solo durante le prime qualifiche del Gran Premio d’USA a Long Beach, prima di una contesta da parte dei team, al termine della quale la monoposto viene messa al bando.
Elio De Angelis afferma successivamente come la monoposto mancasse enormemente di messa a punto: "A Long Beach eravamo riusciti a farla funzionare correttamente per le prove ufficiali, ma siamo rimasti bloccati subito. Il problema principale nella costruzione affrettata e poco curata è che l’aria si infilava nelle scocche. Nelle curve rapide, una scocca se ne andava da una parte e l’altra puntava in un'altra direzione… Penso che la Lotus 88 sia stata l'ultimo tentativo nelle competizioni. Credo che si rendesse conto che era al limite del regolamento".
Chapman per alcuni mesi è costretto a desistere e la Lotus schiera la convenzionale 87 e successivamente una versione 88 con specifiche della 87; alla fine della stagione la Lotus si classifica solamente ottava tra i costruttori e la Lotus 88 si puà considerare come l’ultimo colpo di genio di Colin Chapman.

La stagione 1982 è segnata da terribili eventi tragici e vede Elio De Angelis vincere il Gran Premio d’Austria, con Chapman che per l’ultima volta saluta la vittoria di una monoposto della sua scuderia con il “lancio del capello”, per poi morire d’infarto alla fine di quell’anno. La scomparsa del geniale fondatore è un duro colpo per la scuderia e a prenderne le rendini è Peter Warr, che decide di schierare per il 1983 la coppia Mansell-De Angelis. Vengono testate per la prima volta le sospensioni attive, mentre la scuderia riesce ad ottenere solo un punto valido per la classifica costuttori.

A risollevare la scuderia ci pensa l’arrivo dei motori Renault Turbo e del progettista Gérard Ducarouge, che crea per la stagione 1984 la Lotus 95T, una vettura più piccola delle precedenti, ma dotata di grandi alettori. In una stagione monopolizzata dalle velocissime McLaren, Elio conquista il terzo posto nella classifica piloti senza vincere una gara.

Nel 1985 arriva il giovane pilota brasiliano Ayrton Senna ad affiancare Elio De Angelis con la nuova 97T. La monoposto si mostra competitiva nella prima parte del mondiale e risulta essere molto veloce, con Senna che conquista 4 pole position e la sua prima vittoria in Portogallo, mentre Elio ottiene una pole e una vittoria a Imola. La vettura si mostra però scarsa in affidalità e questo penalizza soprattutto Ayrton, che non riesce a ottenere punti per sette gare. I problemi vengono risolti solo nella parte finale del campionato, con Senna che chiude la stagione segnando altre tre pole position e ottenendo la vittoria in Belgio.

Elio abbandona la squadra capendo che ormai la concentrazione del team è verso il giovane pilota brasiliano e al suo posto arriva Johnny Dumfried. La nuova Lotus 98T è la prima vettura dotata di motore con valvole a richiamo pneumatico e che utilizza una monoscocca a struttura composita e per Ayrton arrivano altre 2 vittorie e 8 pole position, trovandosi a lottare per il titolo fino al Gran Premio D’Italia.

Nel 1987 la Lotus acquista come sponsor la Camel e la vettura diventa completamente gialla, mentre i motori Renault vengono sostituiti dalla Honda ed al fianco di Senna c’è il pilota giapponese Satoru Nakajima. La T99 viene dotata di sospensioni a controllo elettroidraulico e Senna riesce ad ottenere 2 vittorie e una pole, chiudendo il mondiale al terzo posto.

Nel 1988 Senna lascia la Lotus per andare alla McLaren e come sostituto arriva un altro pilota brasiliano, Nelson Piquet. E' però una stagione deludente con Honda che viene sostituita da Judd e l’addio di Gérard Ducarouge. L’anno successivo è addirittura più buio, con entrambe le vetture Lotus non qualificate per il GP del Belgio.

Per la stagione 1989 la Lotus decide di abbandonare i motori Judd per passare ai Lamborghini e come piloti vengono chiamati Dereck Warwick e Martin Donnelly. Anche in questa stagione, la Lotus si rivela non competiva e durante le prove del Gran Premio di Spagna, sul circuito di Jerez, la monoposto di Donnelly esce di pista a 270 km/h disintegrando totalmente l’avantreno della vettura, tanto che il pilota sbalza fuori ancora legato al sedile. Il pilota riesce a soppravvivere all’incidente e Dereck Warwick si esprime così: "Niente può salvarti da un incidente del genere. Dio deve avergli sorriso" - e alla fine dell’anno lo sponsor Camel abbandona il team, che ritorna ad essere colorato nel modo tradizionale.

Nel 1991 la Lotus ingaggia come suo pilota Mika Hakkinen, che riesce a conquistare nella sua prima stagione solamente due punti, mentre Julian Bailey solo un altro, facendo concludere la scuderia al decimo posto in classifica costruttori.

L’anno successivo, con con la monoposto Lotus 107 munita di motore Ford e abbinata a buona gestione elettronica delle sospensioni attive, Hakkinen e Herbert sono spesso a ridosso dei grandi team e sfiorano più volte il podio. E' l’ultimo canto del cigno, visto che le stagioni 1993 e 1994 sono deludenti e in quest’ultimo anno il Team Lotus chiuderà i battenti concludendo la sua leggendaria storia. La Pacific utilizzerà per il 1995 il suo telaio e la monoposto monterà una banda di colore verde nella parte anteriore, dove è stato inserito il logo della gloriosa marca inglese che ha segnato la storia della Formula 1.

Questo conclude la storia del Team Lotus, ma non certo del suo nome. Nel 2010 il nome della “Lotus” torna in Formula Uno con la scuderia di Tony Fernandes, che tenta di riportare il marchio storico in Formula 1 con il nome di “Lotus F1 Team”. Nel settembre del 2010 Fernandes acquista il marchio Lotus da David Hunt, detentore dello storico marchio e decide di correre con il nome Team Lotus; successivamente la Lotus Cars conclude un contratto con la Renault e la scuderia viene ribattezzata Lotus Renault GP. Questo porta a un contenzioso legale tra Fernandes e il gruppo Proton per il diritto all'utilizzo esclusivo del marchio "Lotus" nel mondiale di Formula 1 e la stagione vedrà due team con la denominazione Lotus sulla griglia di partenza.

La questione finirà poi per essere discussa dall'Alta Corte di Londra e alla fine della battaglia il team di Fernandes diventerà Caterham, mentre il team Lotus Renault, grazie a un accordo con Tony Fernandes e la Lotus Cars, continuerà ad essere presente in Formula 1 fino al 2015 prima di tornare ad essere Renault.

Chiara Zaffarano