É una quiete soltanto apparente quella che si respira dalle parti di Maranello in questi giorni. Dopo l'ufficialità delle dimissioni da parte di Mattia Binotto, le giornate scorrono lentamente, in attesa che l'ormai ex-team principal della Rossa esaurisca il proprio mandato. Eppure, nelle stanze dei bottoni il clima è tutt'altro che rilassato, in vista dell'ennesima rivoluzione destinata a definire il futuro assetto organizzativo della scuderia più prestigiosa e chiacchierata al mondo.

UNA SVOLTA GESTIONALE

Non più un uomo solo al comando. Sembra essere questo il diktat proveniente da John Elkann, dopo il quadriennio che ha visto Binotto accentrare nelle proprie mani il doppio ruolo di Direttore Tecnico e capo della Gestione Sportiva. Per la Ferrari del futuro, infatti, il modello da seguire è quello in stile Red Bull, dove al team principal (in questo caso Horner) verrebbero affiancate almeno un paio di figure nei ruoli chiave, come quelle che rispondono ai nomi di Helmut Marko e Adrian Newey nella scuderia di Milton Keynes. Se poi si preferisce fare un passo indietro e guardare alla storia recente del Cavallino, il modello a cui ispirarsi è indubbiamente quello rappresentato dal terzetto in carica negli anni d'oro a cavallo tra la fine degli anni Novanta ed i primi Duemila, con Jean Todt posto al vertice del triumvirato completato da Ross Brawn e Rory Byrne.

INSEGUENDO IL DREAM TEAM

Un'epoca alla quale la Ferrari odierna guarda con nostalgia e ammirazione, nella consapevolezza che i tanti, troppi cambi al vertice delle ultime gestioni abbiano minato la stabilità del team, con inevitabili ripercussioni sotto l'aspetto sportivo. Anche se il toto-nomi impazza ormai da alcune settimane, è chiaro che l'obiettivo del presidente è quello di riportare in auge un modello che preveda la presenza di una triade con compiti ben specifici ed aree di competenza tra loro definite, in grado di cooperare nel tentativo di voltare pagina dopo la gestione Binotto. Un team principal, dunque, affiancato da un direttore tecnico ed un super consulente, per evitare l'accentramento di un'eccessiva dose di potere nelle mani di una sola persona e garantire la necessaria autonomia gestionale tra i reparti.

RITORNO AL FUTURO

E' chiaro che la realizzazione di un tale obiettivo finirebbe per comportare il definitivo superamento del modello di gestione orizzontale voluto da Sergio Marchionne e messo in pratica da Maurizio Arrivabene, così come quello rigidamente verticale imposto da Mattia Binotto negli ultimi anni dopo la fuoriuscita dell'ex-manager Marlboro. Un salto nel passato che però deve necessariamente guardare al futuro, superando tutte le faide interne che troppo spesso hanno caratterizzato il team di Maranello. Per farlo ci vogliono figure nuove in grado di poter collaborare efficacemente tra loro, senza perdersi in giochi di potere ed eccessivi personalismi. Uomini che abbiano maturato una sufficiente dose di esperienza nel proprio ruolo, per essere sin da subito "pronti" a garantire il proprio contributo alla causa senza allungare a dismisura l'inevitabile periodo iniziale di assestamento.

IL TEMPO STRINGE

Anche perché, diciamoci la verità, lo scossone ci sarà eccome. A tutti i livelli. Con un nuovo team principal in arrivo, è impensabile ipotizzare che non vi saranno delle figure di sua estrema fiducia al suo fianco. E non è affatto detto che l'organigramma dei ruoli già inseriti all'interno della Scuderia possa rimanere tale. Il tutto dovendo fare i conti con il fattore tempo. Già, perché il 2023 è ormai dietro l'angolo e la Ferrari a tutt'oggi è l'unico team senza una guida al proprio interno. Mentre i lavori sulla nuova vettura proseguono a pieno ritmo, urge assestare al più presto le figure chiave nei rispettivi ruoli. Perché i rivali non attendono e rischiano di scappare nuovamente. Un lusso che il nuovo corso Ferrari non può e non deve concedersi.

Marco Privitera