Già, Monza. Nel cuore della Brianza, rappresenta da sempre la culla della Ferrari. Con il passare dei decenni è diventata quasi un tempio, un luogo di culto. Un posto che racchiude in sé l’essenza di tutta quella che è l’italianità delle corse, mutata nel tempo in un qualcosa di quasi tangibile dove ogni anno i più “fedeli” vanno quasi in pellegrinaggio. E la “marea” rossa che ad ogni edizione frantuma tutti i record di presenza su un circuito, dimostra che il tracciato brianzolo non è solo uno dei tanti posti che ospitano una gara.

Difficile poter “definire” le emozioni che un tifoso Ferrari, con gli anni, porta al Gran Premio d’Italia. Ogni curva, ogni cordolo, ogni via di fuga, ha qualcosa da raccontare. Girovagando per il circuito sembra di vedere degli ologrammi, dei miraggi, quasi degli spettri. Una miriade di flash di quanto accaduto nei Gran Premi che furono… la doppietta sia in gara che nelle classifiche iridate del 1979, l’emozione commovente del primo GP d’Italia senza Enzo Ferrari del 1988, la prima vittoria di Schumacher in rosso nel 1996 che scatenò l’apoteosi, la doppietta capitanata da Barrichello nel 2002. E poi ancora il successo di Alonso del 2010, o l’inspiegabile dominio di Sebastian Vettel nel 2008 su Toro Rosso motorizzata Ferrari, passando per il “pianto disperato” di Mika Hakkinen nel 1999 quando uscì fuori pista per un suo errore in curva 1 mentre era in testa, scatenando un putiferio di felicità sugli spalti dove i tifosi Ferrari speravano che questo potesse aiutare Eddie Irvine a riportare la Rossa in cima al mondo dopo 20 anni di digiuno.

Potremmo star qui a citarne a frotte, dal ritiro di Vettel nel 2012 che lanciò Alonso verso la speranza mondiale, alle doppie lacrime di Schumacher nella conferenza stampa post-successo del 2000 ed in quella del 2006, quando annunciò il primo ritiro. Ma crediamo non serva, va già bene così. E’ questo che Monza rappresenta per un ferrarista. Un mausoleo tempestato di ricordi, un monumento che rievoca i tempi andati e che ancora ha tanto da regalare.

A voi non tifosi non basta ancora per farvi addentrare nell’emozione? Pensiate sia esagerato parlare del Gran Premio d’Italia con questa sorta di mistificazione spirituale? Ok, allora provate a chiedere ad un italiano ferrarista di descrivere il mese di settembre: vi dirà che le giornate si accorciano perché siamo a fine estate, che le vedute delle città iniziano ad assumere quell’affascinante aria autunnale, e che a Monza c’è la gara e che se si riesce è il caso di tirare fuori i cappellini e andare. Solo in questo modo forse, capirete che quando si tratta di Monza non ci si riferisce solo ad “un” Gran Premio, ma si parla “della” Gara. Un evento indescrivibile, entrato di diritto nella cultura di un popolo.

Vi aspettiamo sotto al podio…

Daniel Limardi

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