Sono tanti gli aspetti della vittoria di Lewis Hamilton a Silverstone che hanno fatto e continuano a far discutere fan e addetti ai lavori. Tra tutti, particolare importanza rivestono i dieci secondi di penalità inflitti all’inglese; nonostante ciò, Lewis ha vinto la gara e forse è stato proprio questo a scatenare una serie di polemiche.

Dieci secondi per 51g: troppo pochi?

Le immagini della vettura di Max Verstappen che viaggia verso le barriere esterne alla Copse sono paurose, anche se viste ormai a qualche giorno di distanza. L’olandese ha sbattuto ad una velocità di poco inferiore ai 300 km/h, subendo una decelerazione pari a 51g, la più alta mai registrata su una vettura di Formula 1. Dopo aver tirato un sospiro di sollievo per averlo visto uscire praticamente indenne, anche se leggermente intontito, subito ci si è chiesti se Hamilton meritasse o no una penalità, e se sì quale.

Dopo aver preso visione di tutti i dati, gli stewards, presieduti da Emanuele Pirro, hanno preso la decisione di dare 10 secondi a Lewis, da scontare durante il pit stop obbligatorio. Michael Masi, nel post gara, ha spiegato la ratio della decisione: “Quando valutano gli episodi giudicano il fatto in sé, nel merito dell'episodio e non ciò che è accaduto successivamente, le conseguenze. È qualcosa che i commissari fanno da molti anni e gli è stato consigliato da tutti, parlo del coinvolgimento delle squadre e così via”.

In pratica, il collegio decisionale ha guardato al principio della “responsabilità prevalente”, considerando quindi entrambi i piloti con delle colpe, affibbiandone però la maggior parte a Hamilton. E qui si è scatenato il finimondo. Da coloro che lo ritengono un incidente di gara, fino a chi addirittura vuole una gara di squalifica per Lewis (Helmut Marko), in molti hanno espresso il loro parere. Anche Bernie Ecclestone ritiene la punizione troppo leggera: “30 secondi sarebbero stati più giusti!”.

Lewis non è oltre la metà di Max

Ognuno può avere l’opinione che vuole dell’episodio in questione; le interpretazioni possono essere molteplici, l’importante è non farsi tappare gli occhi da antipatie e faziosità che sempre di più stanno prendendo piede anche nel motorsport. A proposito di ciò, gli insulti razzisti via social a Hamilton sono qualcosa di becero e inaccettabile, contro cui tutti i team e i piloti hanno giustamente preso posizione.

In ogni caso, le immagini parlano abbastanza chiaro: al momento dell’impatto Lewis non era certamente oltre la metà della vettura di Verstappen. Prova ne sia la gomma posteriore destra dell’olandese completamente divelta. Inoltre, l’inglese si è preso molto spazio dal punto di corda, segno che era anche lui troppo veloce, fuori dalla traiettoria ideale per la percorrenza della curva.

I precedenti non aiutano gli stewards

Alla luce di ciò, la penalità ai danni di Lewis sembra essere sacrosanta; è l’entità a far discutere, e i precedenti non aiutano. Due settimane fa, Norris si è beccato cinque secondi per aver accompagnato (senza nessun contatto) Perez sulla ghiaia, a velocità certamente inferiori. Lo stesso messicano si è preso poi la stessa penalità per due volte per lo stesso motivo.

Ora, ma è possibile che veramente non si debba tener conto dell’entità del danno? Non si esagera di certo se si dice che Verstappen poteva subire conseguenze ben più gravi, dopo un botto del genere. Abbiamo ancora tutti negli occhi le immagini di Grosjean in Bahrain; ecco, la sensazione è quella che si debba accendere un secondo cero a Santa Devota, la protettrice dei piloti.

Cinque secondi senza nessun contatto, 10 per un botto mostruoso. È evidente che qualcosa non quadra, e c’è di più. Nel 2019, Emanuele Pirro diede cinque secondi a Sebastian Vettel in Canada, dopo un lungo del tedesco, che finì sull’erba per poi rientrare in pista restando primo davanti a Hamilton, senza toccarlo, che subito si attaccò alla radio chiedendo il time penalty per il rivale. Stesso steward, situazioni diverse, ma che proprio per questo meritano uno sguardo attento.

Più avanti nella stagione, il contatto Verstappen-Leclerc in Austria, con una ruotata dell’olandese al monegasco, non venne neanche preso in considerazione. Tempi che cambiano, certo, ma come fanno i piloti a sapere quello che possono o non possono fare?

Poche regole e chiare: ne va della credibilità del Circus!

Il problema è sempre quello da anni: manca uniformità di giudizio! Il continuo ricambio di stewards ad ogni GP non permette che si formi una giurisprudenza univoca, in modo tale che gli episodi di gara siano giudicati sempre con lo stesso sguardo. Pirro vede un contatto come da sanzionare, Christensen anche magari, ma se quel giorno l’incaricato è Mika Salo sarà più probabile che resti impunito.

Liberty Media deve decidersi a prendere ad esempio l’Indycar sotto mille aspetti, a partire proprio da questo: stewards e commissari di gara devono essere sempre gli stessi, professionisti formati, altrimenti non usciremo mai da questo vortice di polemiche, perdendo di credibilità.

Anche le penalità devono tornare ad essere tali: questi time penalty sono delle mezze decisioni prese per non scontentare nessuno, senza che la Race Direction mostri di avere un po’ di polso. Tornino al più presto i drive through e gli Stop/Go, quelli veri, con i meccanici che non possono toccare la macchina né durante, né dopo.

Infine, un’ultima considerazione. Le continue discussioni su track limits, penalità, budget cap e amenità del genere (che all’appassionato medio interessano come una partita di cartello della Serie A moldava, con tutto il dovuto rispetto), stanno distogliendo l’attenzione dalla vera cosa importante di questo 2021. Il duello che tanto volevamo (e che anche Hamilton diceva di volere) adesso è realtà; Red Bull e Verstappen possono finalmente giocarsi qualcosa di importante. È un peccato che tutto questo venga oscurato a causa di poca chiarezza e mancanza di polso con i soliti noti; FIA e Liberty Media si diano una mossa, e in fretta!

Nicola Saglia