Se Hamilton scrive la storia con un'altra pole position che lo catapulta nella leggenda come miglior pilota di sempre in qualifica, anche il Gran Premio d'Italia ha rischiato seriamente di scrivere una pagina di storia, sfiorando la necessità di dover rinviare la qualifica alla domenica mattina. Una tregua nella pioggia (violenta solo a tratti) ha permesso alla sessione di partire in extremis, ma sembra che qualcosa lassù voglia giocare a sfavore degli organizzatori del Gran Premio d'Italia, che tra il cattivo tempo e una qualifica deludente della Ferrari devono affrontare una giornata difficile, capace di mettere a dura prova la resistenza dei 33.000 tifosi presenti oggi in circuito. 

Le previsioni del tempo semplicemente hanno sbagliato alla grande, costringendo la direzione praticamente a cancellare la terza sessione di prove libere della Formula 1 in mattinata, così come la gara-1 della GP3 nel pomeriggio, per lasciare spazio alla qualifica. Ma ancora una volta la F1 si ritrova prigioniera di sè stessa, tra regole inutilmente complicate e stringenti esigenze televisive. Le critiche colpiscono in particolare la regola del parco chiuso, che vieta di intervenire sull'assetto della macchina tra la qualifica e la gara. Una regola ormai miope, che di fatto elimina la possibilità di attaccare la pista con un assetto da bagnato quando serve, se già è certo che in gara si avrà il sole (come in questo caso) e senza la quale si potrebbe avere un grande aumento dello spettacolo soprattutto in condizioni incerte tra sabato e domenica, oltretutto a bassissimo costo. Ne risulta un pubblico deluso che paga cifre salate per uno spettacolo a metà, con le squadre che non possono girare quando c'è troppa acqua in pista. Ragioni di sicurezza si dice sempre in questi casi, ma su questo ormai la Fia è assolutamente inflessibile: è bastata infatti l'uscita di pista di Grosjean in aquaplaning per fermare tutto per oltre due ore. 

E di nuovo il problema di questo sport diventa il doversi affidarsi a regole complicate per risolvere problemi semplici: ricorrere a costosi motori ibridi per inquinare meno, salvo poi bruciare olio in una miscela al 2% come un ciclomotore degli anni '80 o, come nel caso di oggi, tentare qualunque mezzo per avvicinare gli spettatori allo sport stesso, salvo poi mandare in scena uno show senz'altro avvincente, ma privo di quel fascino che una vera gara sul bagnato (che ormai non vediamo più da quasi 20 anni) potrebbe regalare. Uno spettacolo che in questo modo viene privato della componente più agonistica di connubio tra l'uomo e il mezzo meccanico, insieme al fatto di sfidare non solo la fisica ma anche gli elementi della natura.

Da Monza - Stefano De Nicolo'