Una storia meravigliosa, inaspettata ed imprevedibile. Pierre Gasly porta in trionfo l'Alpha Tauri a Monza, conquistando la prima vittoria in Formula 1 e prendendosi la rivincita nei confronti di chi, poco più di un anno fa, lo aveva considerato non all'altezza di un sedile in Red Bull. Ma altrettanto incredibile è il risultato della scuderia di Faenza, che torna a far risuonare l'inno di Mameli nel Gran Premio d'Italia a dodici anni di distanza dal suo ultimo (e unico) successo.

I vincitori che non ti aspetti. Ma non per questo caso giunti a caso. A volte nelle gare serve la giusta intuizione, quel pizzico di fortuna, o semplicemente la capacità di trovarsi nel posto giusto al momento giusto. E allora, a poco serve "ringraziare" Magnussen, fermatosi a ridosso della corsia box con conseguente ingresso della Safety Car. A poco serve farsi beffe delle disgrazie altrui, con Mercedes, Red Bull e Ferrari incappate (per motivi diversi) in una giornata decisamente poco fortunata.

Perchè Pierre Gasly e Alpha Tauri devono semplicemente godersi questo momento di gloria straordinaria, urlando al mondo la propria gioia, sicuramente ancora più bella in quanto inaspettata. Ma al tempo stesso consapevoli del fatto di non essere giunti a questo risultato per una pura coincidenza, ma per una crescita di pilota e team apparsa assai evidente nel corso di questa stagione. Grazie alla quale possono togliersi più di un sassolino dalle scarpe, sorridendo sul fatto che il destino a volte costituisca una montagna russa incontrollabile.

Basti prendere il pilota francese. Ancora giovane (24 anni), con un titolo di GP2 alle spalle, eppure per qualcuno già considerato come "finito" lo scorso anno. Quando, catapultato in una realtà del tutto nuova come quella Red Bull, si era ritrovato a soccombere nel confronto con Max Verstappen. Al punto di subire un umiliante "switch" a metà stagione con Albon, e fare quindi ritorno alla "casa madre" Toro Rosso.

I risultati? A distanza di un anno, sono sotto gli occhi di tutti. Da un lato vi è un pilota (Gasly) completamente rigenerato, capace di massacrare a suon di risultati il proprio compagno di squadra e finalmente maturo (ora sì) per un top team. Dall'altro, una ex-promessa (Albon) che fatica come non mai ad avvicinarsi al passo di Verstappen, sentendo il proprio sedile tremare in vista di un nuovo cambio, questa volta ai suoi danni.

Ma l'altalena del destino non si ferma qui. Perchè passa anche da quel 14 Settembre 2008, con quell'impressionante dimostrazione di forza da parte di Sebastian Vettel sotto l'acqua, che portò al trionfo per la prima volta la Toro Rosso. Un team capace di ereditare il patrimonio Minardi, rappresentando una presenza fissa in Formula 1 da ormai molti anni a questa parte con risultati alterni. Ma spesso capace di emergere in occasione di gare "pazze", come dimostrato dal terzo posto colto da Kvyat a Hockenheim lo scorso anno. Una dimostrazione di lucidità, di visione chiara che forse manca anche in alcuni top team.

Adesso però il palcoscenico è tutto loro. Per raccogliere gli applausi, per godersi il trionfo, per celebrare un'impresa che esalta lo sport. Quello dei "piccoli" che sconfiggono i grandi, del fato che sfida le gerarchie tecniche. E di una Formula 1, almeno per un giorno, decisamente più umana.

Marco Privitera