Ogni anno ciclicamente nel paddock della Formula 1 esplodono casi, presunti complotti o speculazioni. Anche questa annata non fa di certo eccezione e l’argomento cardine, non è una novità, sono le gomme Pirelli.

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Nello specifico, Helmut Marko ha fatto ri-esplodere il caso 0,4 mm del battistrada, affermando che questa soluzione avrebbe favorito un solo team, ovvero la Mercedes, facendo sprofondare nell’abisso nove team, ovvero tutti gli altri. L’uomo forte Red Bull auspica un ritorno alle gomme del 2018 per ricompattare le equivalenze in pista, ma basterebbe solamente questa soluzione per ridurre lo strapotere delle frecce d’argento?

Analizziamo i fatti: l’anno scorso la Mercedes, per via della sua impostazione progettuale, scaldava troppo gli pneumatici portandoli a creare il fenomeno di blistering, ovvero la formazione di bolle fra carcassa e battistrada stesso. Questo fenomeno è fra i più pericolosi in termine di sicurezza riducendo notevolmente il grip meccanico e, di conseguenza, rendendo precaria la guida della monoposto. La Pirelli, in via precauzionale, nei circuiti con asfalto nuovo (Spagna, Francia e Inghilterra) decise di portare gli pneumatici con il famoso “battistrada ribassato” per motivi di sicurezza, con valori in campo altalenanti fra Mercedes e Ferrari.

La vettura anglo tedesca l’anno scorso, nella prima parte di stagione, ha avuto seri problemi nel trovare il giusto compromesso con gli pneumatici: la W09 “preferiva” più il grip meccanico che quello aerodinamico; situazione che è rientrata poi dopo la pausa estiva e che è coinciso con le vittorie a raffica e la trionfale cavalcata mondiale. In Mercedes hanno trovato il giusto compromesso e bilanciamento della vettura: oltre ad innescare subito la giusta temperatura degli pneumatici sono riusciti a mantenerli ampiamente nel range (o finestra di esercizio) ideale.

Tutto l’opposto per i team che hanno sempre prediletto il grip aerodinamico a discapito di quello meccanico, come Ferrari e Red Bull, risultando gentili con gli pneumatici: nello specifico la temperatura di esercizio ideale si innescava più tardi, ma poi la mescola durava più a lungo. Quest’anno, e con le attuali gomme, ciò non è possibile: essendo la massa minore, le gomme si scaldano e raffreddano prima e le vetture che hanno un impostazione più aggressiva, da questo punto di vista, hanno vita facile. Inoltre la finestra di esercizio, a detta di alcuni tecnici nel paddock, risulta davvero troppo ristretta e in circuiti come quello canadese è difficile mantenere il corretto bilanciamento fra i due assi: o meglio, può capitare che gli pneumatici anteriori siano in temperatura, ma quelli posteriori non ancora e viceversa, facendo risultare la vettura instabile nelle curve e difficile da portare al limite. Per assurdo, alcune vetture sono state più competitive (non più veloci...) nella prima sessione di prove libere, con circuito sporco, che per via del fenomeno dello slicer (o scivolamento in curva) mandavano prima in temperatura gli pneumatici, che non nella terza con circuito più gommato.

Per concludere il discorso, la Pirelli ha effettuato la comparazione fra gli pneumatici specifica 2018 e quelli 2019 già negli ultimi test di fine stagione ad Abu Dhabi e nessun team si è lamentato, così come nei test pre-stagionali di Barcellona. Se si vuole trovare il vero problema, esso è probabilmente da ricercare nel range di lavoro assai ristretto degli pneumatici del gommista milanese...

Da Montréal – Michele Montesano