NIGEL L’IRIDATO. Forte di una monoposto stratisferica (la FW14B), partorita dalla mente di un giovane ma già eccellente Adrian Newey, la Williams domina letteralmente il campionato 1992. Nelle prime gare della stagione, il team di Grove ottiene ben otto successi, tutti firmati da Nigel Mansell, che finalmente assapora la reale possibilità di conquistare il titolo iridato. A dividere il “Leone d’Inghilterra” dall’iride ci sono solo una manciata di punti. Il primo match-ball capita proprio in Ungheria. All’Hungaroring Mansell giunge secondo alle spalle di Ayrton Senna (così come avvenuto pochi mesi prima a Montecarlo), laureandosi campione del mondo con cinque gare d’anticipo. A distanza di nove anni da quel 16 agosto, la pista magiara tornerà a celebrare un trionfo iridato con Michael Schumacher che, il 19 agosto 2001, porterà a casa il secondo titolo conquistato al volante della Ferrari.

GO DAMON. Dopo il debutto in Brabham nel 1992, Damon Hill diviene seconda guida in Williams nel 1993. Nonostante un compagno di squadra ingombrante come Alain Prost - tornato in F1 dopo un anno sabbatico - l’inglese, grazie anche alle ottime prestazioni FW15C, riesce ad ottenere ottimi risultati alternati però a vari ritiri.  Per Hill la grande occasione si presenta in Ungheria. Con Prost costretto a partire dall’ultima posizione (macchina rimasta ferma in griglia al momento del giro di formazione) e autore in gara di un eterno pit-stop per sostituire l’ala posteriore, Senna e Schumacher fuori dai giochi (problemi all’acceleratore per il brasiliano, al motore per il tedesco), Hill domina la gara (il primo degli inseguitori è Patrese, che giunge sotto la bandiera a scacchi con un gap di 1’11”!) ottenendo così la prima affermazione in carriera.

L’ACUTO DI FERNANDO. Dopo l’anno di apprendistato in Minardi (2001) e il successivo passaggio in Renault all’ombra della coppia Trulli-Button, nel 2003 la scuderia francese decide di promuovere Fernando Alonso come pilota ufficiale al posto di Jenson Button. Una grande occasione per lo spagnolo che, grazie al mezzo che gli viene affidato, può lottare per le posizioni nobili della classifica. Già nelle prime gare Alonso mostra la propria stoffa, ottenendo ben tre piazzamenti a podio nelle prime cinque gare, conditi dalla pole in Malesia. Ma la prima (vera) gioia arriva in Ungheria, dove Fernando domina letteralmente il week-end. Dopo il miglior tempo ottenuto al sabato, la Renault numero 8 è imprendibile tra le curve dell’Hungaroring, con Alonso che precede sul podio Kimi Raikkonen e Juan Pablo Montoya e che si permette il lusso di doppiare Michael Schumacher. Un successo che permette allo spagnolo di diventare il pilota più giovane capace di vincere una gara, record che verrà successivamente battuto da Sebastian Vettel e da Max Verstappen.

ECCO JENSON. Il week-end del GP d’Ungheria 2006 regala tensioni e colpi di scena sin dalle prove libere. Fernando Alonso e Michael Schumacher, i due contendenti al titolo, vengono entrambi penalizzati. Lo spagnolo viene sanzionato con 2” sui tempi delle qualifiche per il comportamento antisportivo avuto in pista nei confronti del collaudatore della Red Bull Robert Doornbos. Identica sanzione viene comminata anche al tedesco che, durante le terze libere, supera Alonso e Robert Kubica in regime di bandiera rossa, causata dalla rottura del motore della Honda di Jenson Button. Proprio l’inglese diviene il protagonista (inatteso) in quella gara. In una corsa caratterizzata dalla pioggia (per la prima volta protagonista a Budapest), ricca di capovolgimenti e di ritiri eccellenti come quelli di Alonso e Schumacher, Button riesce nell’impresa di conquistare la prima vittoria in carriera, riportando la casa giapponese sul gradino più alto del podio dopo un digiuno durato 39 anni (John Surtees, GP Italia 1967). A completare un’inedita Top Three ci sono Pedro de la Rosa e Nick Heidfeld.

LA GIOIA DI HEIKKI. Come ogni sport, la F1 sa sorprendere, emozionare, ma al tempo è anche cinica e spietata. Lo sa molto bene Felipe Massa che il 3 agosto 2008 vede andare in fumo una vittoria ormai certa a tre giri dalla conclusione della gara. Colpa del V8 che lascia a piedi il brasiliano a pochi chilometri dalla bandiera a scacchi. Eppure il buon Felipe avrebbe meritato sicuramente di vincere quella corsa, iniziata in maniera fantastica con una partenza da urlo grazie alla quale si era ritrovato davanti a tutti (dopo essere partito terzo) alla prima curva. Ma gli dei del motorsport decidono di modificarne l’epilogo, premiando così Heikki Kovalainen che centra la prima (e unica) vittoria in carriera. Che il rapporto tra Massa e l’Hungaroring non fosse idilliaco lo dimostra l’edizione 2009 della corsa magiare, con lo spaventoso incidente occorso al brasiliano durante le qualifiche.

FINALMENTE SEB. Fino alla passata stagione il GP d’Ungheria sembrava una corsa stregata per Sebastian Vettel. Anche negli anni d’oro di militanza in Red Bull, dove aveva fatto razzie di vittorie, il tedesco non era riuscito ad imporsi nell’appuntamento magiaro. In un week-end caratterizzato dal ricordo di Jules Bianchi, Vettel domina letteralmente la gara, andando a prendere di prepotenza la prima posizione, sopravanzando al via le Mercedes di Hamilton e Rosberg. La lotta per il successo si esaurisce in quel preciso momento, con Vettel che conserva la prima posizione sino alla bandiera a scacchi ottenendo la 41esima vittoria in carriera: le stesse di Ayrton Senna. L’immagine più emozionante del GP avviene nel giro di rientro ai box, durante il quale Sebastian dedica al compianto Bianchi il successo appena conseguito: "Merci Jules, cette victoire est pour toi". E Jules, dall’Olimpo dei piloti, avrà sicuramente apprezzato. 

Piero Ladisa