LAUDA SPEZZA IL DIGIUNO. Alla vigilia del Gran Premio d’Italia 1975 si respira aria di festa a Monza, in quanto Niki Lauda è oramai prossimo alla conquista del titolo mentre nei costruttori la lotta è serrata, con Ferrari e Brabham divise da sole tre lunghezze e mezzo. Malgrado un problema agli ammortizzatori, che lo fa scivolare dal secondo al terzo posto finale dopo il sorpasso subito dalla McLaren di Emerson Fittipaldi al giro 46, l’austriaco ottiene quei punti necessari che gli consentono di regalarsi il primo alloro iridato: trionfo che permette così a un pilota di Maranello di tornare a vincere il titolo dopo ben 11 anni. L’ultimo prima di Lauda era stato John Surtees nel 1964. Ma la festa del Cavallino non si esaurisce col Mondiale vinto dell’austriaco. Difatti Maranello, in virtù del successo firmato da Clay Regazzoni e dai soli tre punti ottenuti dalla Brabham numero 7 di Carlos Reutemann, si aggiudica la coppa costruttori chiudendo in maniera trionfale una domenica d’oro.

NEL SEGNO DELL’AMICIZIA. L’edizione 1979 della gara di Monza segna il punto più alto del rapporto tra Jody Scheckter e Gilles Villeneuve. Quest’ultimo infatti pur essendo ancora in lotta per il titolo decide di “sacrificarsi per la causa”, ricoprendo il ruolo di gregario di lusso. Le due 312 T4 arrivano in parata sulla linea del traguardo, con il canadese che scorta il compagno di squadra come una fida guardia del corpo. Una doppietta (la prima per la Rossa dal 1966, ndr) che vale al sudafricano il Mondiale piloti e alla Ferrari quello costruttori. Ancora una volta Monza non delude le attese, regalando grandissime emozioni alla marea rossa giunta in Brianza per sostenere il Cavallino. Il podio è un festival di sorrisi, tra Scheckter chiaramente contento per il prestigioso traguardo appena raggiunto e Villeneuve che rende omaggio all’amico. Lo stesso Gilles è certo che al prossimo turno toccherà a lui far festa: purtroppo il destino non gli regalerà mai questa gioia, portandoselo via poco meno di tre anni dopo in quel tragico sabato di Zolder.

Piero Ladisa