In casa Ferrari lo strascico di polemiche seguito alla disfatta del Gran Premio di Austin non si è ancora placato. A tenere banco la questione del flussometro, irregolare secondo alcuni team e addetti ai lavori, oltre alla possibilità di introdurre una nuova Power Unit sulla monoposto di Charles Leclerc per gli ultimi due GP. Non dobbiamo dimenticare la disastrosa gara che ha visto Sebastian Vettel finire mestamente il GP: la carne al fuoco, come al solito, è davvero tanta, ma cerchiamo di riordinare bene le idee.

Nel post gara le scarse performance della vettura del Cavallino sono state imputate alla lettera diramata dalla FIA a inizio weekend americano e, in particolar modo, alla presunta irregolarità relativa alle misurazioni del flussometro. Il team di Maranello è stato accusato di aver trovato un escamotage per bypassare il controllo del sensore della federazione, consumando più carburante del limite dei 100Kg/h previsto dal regolamento. Com’è possibile?

Il sistema utilizzato in Formula 1, montato fra serbatoio e Power Unit (in foto), serve a monitorare la portata in ingresso e uscita di carburante, utilizzando una tecnologia basata sulla propagazione delle onde sonore, a intervalli regolari di un secondo. La Ferrari è stata accusata di aver trovato un sistema, tramite una mappatura specifica, di incrementare la portata di carburante nel lasso temporale che intercorre fra le varie misurazioni. Ne consegue un maggiore rendimento in camera di combustione fino ad un incremento di potenza.

A rincarare la dose ci ha pensato Peter Windsor, noto giornalista inglese, che sul suo canale YouTube ha provato a spiegare cosa succede nella Power Unit Ferrari. Secondo una sua fonte, il sistema permetteva di iniettare olio attraverso un intercooler direttamente nella camera di combustione, arricchendo così la miscela e aumentando la potenza eludendo i controlli del flussometro. Questo surplus di potenza, sempre secondo Windsor, può essere quantificato in circa 70 cavalli sfruttabili, oltre che in rettilineo d(le SF90 sono fra le più veloci), soprattutto nelle fasi di riaccelerazione e nei tratti più guidati.

Ora la domanda sorge spontanea: la soluzione Ferrari è illegale e il team di Maranello rischia un’ammenda da parte delle FIA?

Certo che no! Gli uomini di Maranello sono stati in grado di trovare una zona grigia nel regolamento, perché la SF90 è perfettamente regolare: in quanto il limite dei 100 Kg/h è stato rispettato alla lettera durante le varie fasi di monitoraggio avvenute in questo campionato. Ovviamente, vista questa scappatoia, spetterà alla FIA trovare un rimedio e dotare tutte le monoposto di un flussometro in grado di leggere con maggior frequenza i dati o magari ad intervalli casuali.

Per quanto riguarda la Power Unit che utilizzerà Leclerc nei prossimi due appuntamenti, il da farsi resta ancora un mistero. I tecnici del Cavallino, dopo le analisi svolte in sede, hanno escluso l’utilizzo del motore utilizzato dal monegasco negli USA, poiché l’unità è ormai a fine chilometraggio e poco competitiva (tant’è vero che sono stati rilevati circa 18 cavalli in meno rispetto alla Mercedes). Quindi le opzioni restano due: utilizzare la Step 3 che ha subito un trafilaggio, con annessa “scaldata”, durante le prove libere di Austin oppure introdurre una nuova specifica con alcune soluzioni in vista del 2020. I tecnici, nel secondo caso, andrebbero a valutare sul campo anche alcune soluzioni tecniche da introdurre sulla monoposto della prossima stagione; il rovescio della medaglia sarebbe quello di partire con dieci posizioni di penalità sulla griglia del Brasile.

Last but not least, il cedimento della sospensione posteriore destra della SF90 di Vettel. Secondo le analisi pare che il tedesco, scattato dalla seconda piazzola, sia transitato sul dosso all’ingresso della prima curva spanciando violentemente con la vettura. Vettel ha subito avvertito ai box del sottosterzo e dell’incapacità di mantenere le traiettorie ideali del tracciato. Il dosso non livellato aveva già causato una cricca sul braccetto della sospensione che poi, per via delle vibrazioni continue, si è propagata generando la rottura di schianto dell’elemento. Dopo la rottura del braccetto inferiore si è sfilata anche la boccola metallica del triangolo superiore che si collega al bracket e al portamozzo, azzoppando definitivamente la monoposto. Quindi, fortunatamente, non è da ritenersi un errore strutturale in sede di progettazione, ma solamente una congiuntura sfavorevole di eventi, anche se quest’episodio indica come le attuali Formula 1 siano fragili e studiate al limite del regolamento (e del peso).

Michele Montesano