Se n'è andato troppo presto, in un mattino francese come tanti di ventisette anni fa. E troppo presto, forse, è stato dimenticato. Elio De Angelis era il classico pilota e gentiluomo: distinto, elegante, facoltoso, persino troppo educato in un mondo dove soltanto chi fa a spallate spesso ha la meglio. Ed invece, lui coltivava la passione per il tennis, il golf e l'amore per la musica. Eccellente pianista, mentre tutti i piloti scioperavano in un albergo sudafricano nel 1982 per la spinosa questione della Superlicenza, lui si sedette al piano ed iniziò a suonare. Gershwin, Chopin, musica leggera: fu così che l'occupazione di protesta si trasformò in un allegro raduno canoro, con i colleghi intenti ad accompagnare le note di Elio. Figlio del campione di motonautica Giulio De Angelis (salito alla ribalta delle cronache anche per essere stato vittima di un rapimento), durante l'adolescenza romana manifestò ben presto la propria passione per le corse, esordendo a 14 anni nei kart. Il padre, però, lo supportò economicamente soltanto per la prima parte della carriera: poi, sarebbe toccato a lui guadagnarsi il pane a suon di risultati. Come nel 1979, quando debuttò in Formula 1 con la Shadow andando personalmente a caccia di sponsor e pagando di gara in gara. Ma il talento c'era, eccome: al punto che Colin Chapman, storico boss Lotus, gli propose un contratto a partire dalla stagione successiva. Sarebbe stato un matrimonio felice, un binomio durato ben sei anni, quello tra il romano ed il glorioso team inglese. Sei stagioni accompagnate da dieci podi, tre pole position ed un terzo posto nel Mondiale, quello del 1984, quale miglior piazzamento finale. Ma anche, e soprattutto, da due successi, gli unici ottenuti in carriera da Elio: il primo, conquistato in volata su Rosberg a Zeltweg nel 1982; il secondo giunto a Imola nel 1985, in terra italiana, ed arrivato grazie ad un secondo posto poi tramutatosi in primo, in seguito alla squalifica di Prost. Nel frattempo, però, in Lotus molte cose erano cambiate: Colin Chapman non c'era più, stroncato da un infarto nel dicembre '82, ed al suo posto a dirigere il team era arrivato Peter Warr, con il quale De Angelis non riuscì mai a legare. Ma in squadra era anche arrivato un nuovo, temibile compagno: il brasiliano Ayrton Senna, astro nascente della Formula 1, il quale ben presto catturò le attenzioni ed i privilegi della scuderia. Elio capì che ormai la Lotus non era più la sua casa, e decise di voltare pagina, emigrando alla Brabham nel 1986. La vettura, progettata da Gordon Murray, venne ben presto soprannominata "sogliola", proprio per il fatto di essere particolarmente bassa. Ma a tanta prova di originalità non corrisposero i risultati: la BT55 si rivelò subito una monoposto poco competitiva, difficile da guidare e dalle reazioni imprevedibili. Come compagno di squadra, De Angelis si ritrovò un altro italiano, il padovano Riccardo Patrese: un rapporto che, inizialmente ostile, si trasformò in una bella amicizia ed in una sincera collaborazione. Al Gran Premio di Monaco De Angelis partì ultimo, e per i successivi test previsti sulla pista francese del Paul Ricard chiese al compagno di squadra di poter essere lui a poter provare la macchina, dal momento in cui il team aveva programmato la presenza di Patrese. Quest'ultimo accettò senza problemi e De Angelis si presentò in pista per quella che sarebbe stata la sua ultima volta al volante di una Formula 1. All'altezza della esse "Verriere", ad una velocità di circa 270 km/h, la Brabham perse l'alettone posteriore, finendo per schiantarsi contro le barriere. Dopo un volo di circa duecento metri, la vettura finì la sua folle corsa a ruote all'aria, subito avvolta dalle fiamme. Pochissimi testimoni assistettero all'incidente, che essendo accaduto durante un test non potè nemmeno usufruire delle strutture di soccorso normalmente presenti durante le gare. Nessun estintore sul posto, nessun elicottero presente sul tracciato. Numerosi piloti (tra cui Jones e Prost) si fermarono nel tentativo di estrarre il collega dall'abitacolo: ma il ritardo dei soccorsi si rivelò purtroppo determinante per la sorte del povero Elio. Sette, interminabili, minuti passati nell'abitacolo, respirando i gas tossici provenienti dall'incendio. Il trasporto all'ospedale di Marsiglia fu purtroppo inutile: De Angelis spirò il giorno seguente. La notizia della sua morte fu accolta con grande commozione: il Presidente della Repubblica Cossiga inviò un telegramma per esprimere il proprio cordoglio; i piloti minacciarono uno sciopero se non fossero state adeguate le misure di sicurezza dei test a quelle delle gare; lo stesso Diego Armando Maradona, con il quale solo pochi giorni prima Elio aveva disputato una partita di beneficenza, dichiarò di aver perso un amico; il circuito di Le Castellet venne in seguito sottoposto ad importanti modifiche. Ma ormai Elio non c'era più: portando via con sè quel sorriso sincero, quello sguardo a volte velato da un tratto di malinconia, quello di un uomo gentile e di un pilota forse mai apprezzato come avrebbe meritato.

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