Le notizie circolate nei giorni scorsi hanno trovato i crismi dell’ufficialità nel tardo pomeriggio di ieri. Con una nota pubblicata sul proprio profilo Twitter, Pastor Maldonado ha annunciato l’addio (temporaneo?) al mondo della Formula 1. Il posto in Renault del pilota di Maracay sarà preso dall’ex-McLaren Kevin Magnussen, il quale sarebbe già stato in fabbrica a Enstone per provare il sedile. Da ieri la classe regina del motorsport è più povera. In molti hanno manifestato la loro vicinanza a Maldonado tramite l’hashtag #JesuisPastor, che in pochi minuti si è diffuso a macchia d’olio sui maggiori social network. Il venezuelano, croce e delizia per gli appassionati, sapeva rendere frizzanti, grazie alle sue “bravate” in pista, gare da encefalogramma piatto. Con il buon Pastor nulla poteva essere considerato nella norma. Nella F1 moderna, dove i sorpassi si contano sulle dite di una mano, il venezuelano è riuscito a regalare forse quella (sana) follia non comune ai suoi colleghi. Appare quindi doveroso rendere "onore" a Maldonado parlando della sua biografia sportiva, contraddistinta da successi e anche tante...penalità.

 

Il paese che offre a Maldonado il primo assaggio di competizione automobilistica è l’Italia, nel 2003, dove il venezuelano è impegnato nella Formula Renault al volante della Cram. L’anno successivo, oltre a continuare a gareggiare nel Belpaese, è impegnato anche nel campionato europeo. Al termine della stagione conquista il titolo italiano: un successo gli permette di disputare al Mugello un test con la scuderia Minardi, all’epoca ancora impegnata in F1. Le impressioni destate a Giancarlo Minardi sono positive.

Nel 2005 Maldonado si divide tra la F.3000 italiana e la World Series by Renault. Proprio in quest’ultima competizione incominciano ad intravedersi le sue doti da “bad driver”. Riceve una penalità per guida pericolosa che gli costa quattro gare di sospensione. Poi, a Monaco, è protagonista di un incidente (nonostante le bandiere gialle sventolate lungo il tracciato del Principato) in seguito al quale ferisce gravemente uno steward. Nel 2006 va vicino al titolo (chiude al terzo posto), ma senza la squalifica di Misano (irregolarità tecnica) avrebbe concluso in vetta.

Gli ottimi risultati conseguiti nella World Series by Renault permettono a Maldonado di approdare in GP2 alla corte del team Trident. Con la scuderia italiana, il venezuelano si toglie la soddisfazione di vincere la gara più glamour, quella di Montecarlo (sì, proprio dove per un suo incidente qualche anno prima stava per lascIarci le penne un commissario...). Complice un infortunio (rottura della clavicola), conclude anzitempo la stagione. Nel 2010, dopo aver peregrinato tra la Piquet Sports e l’Art Grand Prix, il venezuelano si accasa in Rapax: domina il campionato, si laurea campione e stabilisce il record di successi in GP2.

Il titolo nella serie cadetta è un ottimo biglietto da visita che consente a Maldonado di effettuare nel 2011 il grande salto in Formula 1, favorito anche dai petroldollari sganciati dalla principale compagnia petrolifera del suo paese: la PDVSA.

Al primo anno si accasa in Williams, dove Pastor affianca un altro sudamericano: “nonno” Rubens Barrichello. Alla stagione d’esordio nel Circus, il venezuelano riesce ad ottenere il primo punto in carriera, grazie al 10° posto conquistato a Spa.  Nel 2012 arriva la gioia più grande: la prima (e unica) vittoria in F1, colta a Barcellona, dove riesce a tenere a bada un arrembante Fernando Alonso. Un successo triplo: per Maldonado, che inserisce il proprio nome nella “hall of fame” dei piloti che hanno vinto in carriera almeno una gara nel Circus; per la Williams, tornata al successo dopo sette anni di digiuno; per il Venezuela, che può festeggiare la prima storica vittoria di un proprio “figlio” nella classe regina del motorsport. Nelle restanti gare stagionali, Pastor va a punti altre tre volte, subendo però diverse penalità. Come quelle inflittegli dopo gli incidenti con Lewis Hamilton a Valencia e con Timo Glock in Belgio.

L’anno successivo l’unica gioia arriva in Ungheria, dove conquista un solo punticino. Anche in questa stagione non mancano le “maldonadate”. Una su tutte, lo spettacolare incidente che vede coinvolti, oltre al venezuelano, anche Max Chilton e Jules Bianchi all’altezza della curva del Tabaccaio a Montecarlo: impatto devastante e barriere di protezione che vengono spazzate in aria come carta. I rapporti ormai incrinati tra Maldonado e la Williams (con il pilota di Maracay che accusa pubblicamente la scuderia di Grove di avergli sabotato la monoposto, salvo poi ritrattare), costringono Pastor ad accasarsi in Lotus.

Nel 2014 la F1 passa all’ibrido, con il ritorno dei motori turbo. Novità che danneggia la scuderia di Enstone, equipaggiata dalla power unit Renault. La stagione si rivela avara di soddisfazioni e, ancora una volta, Maldonado si mette in mostra per le azioni spettacolari che lo vedono coinvolto in prima persona in pista. Come l’incidente verificatosi sotto i riflettori di Sahkir (GP del Bahrain, corso per la prima volta in notturna) dove sperona la Sauber di Esteban Gutierrez facendola letteralmente decollare da terra! Emozioni che solo il venezuelano può regalare…

Il 2015, invece, è segnato dalla profonda crisi finanziaria che a fine anno costringe la Lotus a cedere la scuderia alla Renault. Nonostante il deficit economico (il team di Enstone è infatti presto costretto a sospendere gli aggiornamenti sulla monoposto) Grosjean e Maldonado gettano il cuore oltre l’ostacolo, ottenendo diversi piazzamenti nella top ten e anche un podio (con il francese) nella gara di Spa.

E ora cosa prospetterà il futuro al buon Pastor? Lo scopriremo (come affermava Lucio Battisti in una celebre canzone) solo...vivendo. Una cosa è certa: le gare di Formula 1, senza il buon Pastor, corrono il rischio di diventare decisamente più soporifere...

Piero Ladisa