Fu infatti con queste premesse che mi avvicinai a questo mondo, circa un anno e mezzo fa, non senza qualche dubbio e una buona dose di scetticismo riguardo a tutto quanto concerne questa particolare attività. La postazione fissa, le dieci/dodici ore al giorno sempre sul posto indipendentemente da sole, pioggia, caldo, freddo. Roba dal classico “ma chi te lo fa fare...”, ma che in realtà nasconde l’essenza della passione pura.

E’ un’esperienza totalmente differente anche dal solo seguire le gare in tribuna, e che si percepisce già dopo pochissimo tempo. A differenza di esse e delle corse in televisione, dove tutto viene trasmesso in fedele concomitanza con la realtà, a bordo pista si ha solo la percezione di quanto accada nelle altre parti del tracciato. Non fosse per le comunicazioni radio si rimarrebbe del tutto all'oscuro, un po’ come ai vecchi tempi quando l’assenza delle telecamere e delle riprese tv in ogni dove rendeva quasi più affascinante tutto il contesto di una gara. In compenso, l’esperienza a pochi metri da quel nastro di asfalto regala sensazioni imparagonabili rispetto ad un evento visto dietro ad uno schermo. I rumori, che diventano cose familiari, a tal punto da distinguerli ancor prima di scorgere le vetture...e poi gli odori della pista, dalle gomme alla benzina bruciata. L'insieme diventa un tutt'uno in un’atmosfera quasi surreale, che si può provare solo vivendola. E poi ci sono gli interventi, la parte vitale di tutto, che ti permettono di toccare con mano le vetture, viste come un qualcosa di inarrivabile per chiunque non faccia parte dell’ambiente paddock.

Dovendo sintetizzare tutto con una semplice frase, è come essere dentro a un film in prima persona. E ciò si esprime nella sua massima espressione in eventi quali il Gran Premio d’Italia, dove il solo pensiero di esser parte integrante di un evento così importante lascia dentro qualcosa di speciale. Una sorta di etichetta indelebile, descrivibile con il classico “io c’ero”. Sembra quasi paradossale, soprattutto nelle giornate storte in cui capitano le gare e le postazioni sbagliate, ma è come se fosse un privilegio il solo far parte di un minuscolo tassello della grande storia dell’Autodromo di Monza. E’ sufficiente entrare dai cancelli di prima mattina e percorrere in macchina in ogni giornata di servizio quel magico tratto d’asfalto per dimenticarsi di tutte le fatiche delle levatacce e delle intere giornate passate sempre lì, in quei pochi metri quadrati, ricambiate peraltro anche dalla condivisione della propria passione con altri “colleghi”, la maggior parte delle volte ben più esperti ed affiatati.

Mi viene in mente il volto storico di tutto il gruppo: settantacinque anni di età e cinquanta di servizio, una passione ed una grinta innata, per rappresentare una figura fin troppo sottovalutata ma che vale assolutamente la pena di sottolineare. Perché spesso ce ne si dimentica: ma senza i Commissari di percorso, tutto ciò che amiamo e raccontiamo sarebbe solo un lontano ricordo.

Alessio Sambruna