All'indomani del suo lungo e tormentato addio alla Ferrari, complice anche la scomparsa del Drake e un rapporto tutt'altro che idilliaco con John Barnard, per Michele Alboreto lo scenario si presenta più difficile del previsto. L'accordo con la Williams per la stagione 1989 sfuma improvvisamente, complice un repentino dietrofront di Sir Frank che viene meno alla parola data e gli preferisce il belga Thierry Boutsen per motivi di sponsor. A quel punto, per lui si aprono nuovamente le porte della Tyrrell, proprio il team con cui aveva esordito in Formula 1 otto anni prima.

La situazione, però, è assai diversa dal 1981. Michele ormai è un pilota affermato, dunque non più un giovane in rampa di lancio, e la scelta del team diretto dal "boscaiolo" non può che essere considerata un ripiego. Al punto che Autosprint mette il dito nella piaga, titolando "Alboreto, dall'altare alla polvere" un articolo dedicato alla parabola del pilota milanese. Il quale, però, è tutto fuorché demotivato.

L'ULTIMO PODIO CON TYRRELL

Al punto che, a bordo di una vettura dalla livrea completamente blu e priva di sponsor, riesce a tirare fuori qualcosa di magico nelle prime uscite stagionali. Questo nonostante il team si presenti al via del campionato ancora con il modello dell'anno precedente, l'ormai obsoleta 017. La situazione rischia di degenerare nelle prove libere di Montecarlo, quando Michele si rifiuta di scendere in pista, avendo scoperto che la nuova vettura viene destinata al compagno di squadra Jonathan Palmer. La sua arriva nei box soltanto il Sabato: per tutta risposta, Alboreto conquista a fine gara uno strepitoso quinto posto. Due settimane più tardi riesce a fare ancora meglio, conquistando incredibilmente il terzo posto alle spalle di Senna e Patrese. Sarebbe stato il suo ultimo podio in Formula 1.

Di lì a poco, la situazione precipita per motivi che nulla hanno a che vedere con i risultati in pista. Alla vigilia del Gran Premio di Francia, Ken Tyrrell infatti gli comunica che se avrebbe voluto continuare a correre con la sua squadra sarebbe dovuto diventare un pilota marchiato Camel, nuovo sponsor del team. Michele, da sempre legato alla Marlboro, non se la sente di rompere l'accordo e si ritrova a piedi, sostituito da Jean Alesi.

TRIENNIO ALTALENANTE CON ARROWS E FOOTWORK

Dopo aver saltato due gare, per lui si presenta l'occasione di correre per la scuderia Larrousse. Al volante di una macchina disastrosa, Michele è costretto a subire l'onta di dover passare attraverso le pre-qualifiche per poter entrare in griglia: uno scoglio che non sempre riesce a superare. Per l'anno seguente va in porto l'accordo con la scuderia Arrows, dove trova il giovane Alex Caffi come compagno di squadra e una monoposto appena discreta: l'annata si rivela però di transizione, in attesa del passaggio di proprietà a Footwork per il 1991 e soprattutto della nuova motorizzazione Porsche.

Quella che per Michele doveva essere la stagione del rilancio, si rivela però una completa delusione. Il motore poco potente e affidabile impedisce ad Alboreto di cogliere qualsiasi risultato di rilievo, consentendogli di vedere la bandiera a scacchi soltanto in due occasioni. Come se non bastasse, in occasione dei test a Imola è vittima di un brutto incidente al Tamburello, in seguito al quale subisce diversi punti di sutura alla gamba destra.

Dopo questo lungo calvario, la stagione 1992 finalmente torna a sorridere al milanese. La FA13 spinta dal propulsore Mugen Honda si dimostra una vettura sincera e affidabile, consentendo a Michele di occupare stabilmente un posto a ridosso delle posizioni che contano. Entra in quattro occasioni in zona punti e, soprattutto, torna a far parlare di sé ai "piani alti" della Formula 1. Riceve i complimenti da parte di Ron Dennis, ma la chance con la McLaren non si concretizza.

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DAL DISASTRO BMS LOLA ALL'ULTIMO ANNO CON MINARDI

Va in porto, invece, l'accordo con la rinnovata BMS Lola per la stagione 1993, spinta dal propulsore Ferrari. Una vettura che verrà ricordata più per la sua audace livrea marchiata Chesterfield che per i risultati in pista. Michele e il compagno Luca Badoer occupano costantemente il ruolo di fanalino di coda del gruppo, fallendo la qualificazione in svariate occasioni. A fine anno, Alboreto si concede lo sfizio di testare la Benetton, anche se il team alla fine decide di puntare sul finlandese JJ Lehto come compagno di Michael Schumacher.

L'opzione migliore rimane dunque la Minardi, dove Michele riallaccia la collaborazione con patron Gian Carlo che lo aveva visto protagonista in Formula 3 agli inizi della carriera. Nella "sua" Montecarlo, Michele ottiene gli unici punti stagionali, anche se la stagione viene segnata dal terribile week-end di Imola, nel corso del quale perdono la vita Ayrton Senna e Roland Ratzenberger. In quell'occasione, Michele emerge dall'omertoso silenzio che caratterizza l'accaduto, puntando il dito senza mezzi termini contro le misure di sicurezza a suo dire inefficaci, che tra l'altro lo vedono involontario protagonista di un grosso rischio in corsia box, quando perde una ruota e ferisce (per fortuna in modo non grave) alcuni meccanici Lotus e Ferrari.

A fine anno, decide che la misura è colma. Quel mondo, che tanto gli aveva donato, ormai non fa più per lui. Decide di imbarcarsi in una nuova avventura, che lo vedrà dapprima nel mondo delle ruote coperte con Alfa nel DTM e, nell'anno seguente, sbarcare in America e prendere parte alla mitica 500 Miglia di Indianapolis. Ma questa è un'altra storia.

Marco Privitera