Sebastian Vettel, Daniel Ricciardo, Carlos Sainz jr., Kevin Magnussen, Robert Kubica e Pierre Gasly: sono soltanto alcuni dei nomi altisonanti che la serie ideata da Jaime Alguersuari ha saputo lanciare verso il mondo della Formula 1. Un percorso durato ben quindici anni che però si è ritrovato senza un futuro: abbandonato dalla Renault al termine del 2015, il coraggioso piano di rilancio dell'organizzazione capitanata dal promoter spagnolo ha saputo però resistere soltanto per altre due stagioni, prima di dover alzare ufficialmente bandiera bianca a causa dell'esiguo numero di iscritti già manifestatosi durante tutta l'annata in corso.

A poco o nulla è valso il tentativo di affiancare il campionato al FIA WEC, disputando diversi appuntamenti in concomitanza nella stagione che proprio in queste ore va concludendosi in Bahrain: smarrita la sua principale caratteristica di serie propedeutica, la World Series si è ritrovata in una realtà priva di sbocchi e quasi del tutto avulsa rispetto al suo contesto naturale, nonostante i test-premio messi in palio per i migliori piloti ed il contesto di sicuro rilievo che le ha conferito un carattere internazionale.

Ma ciò non è bastato per attirare l'interesse di nuovi sponsor o piloti: pochi iscritti al via (sono stati al massimo 12 le monoposto presenti quest'anno) in una lenta decadenza che comunque non cancella lo splendido contributo fornito al motorsport nel corso degli anni, impossibile però da proseguire senza il supporto di un costruttore ufficiale. Le porte non sono definitivamente chiuse ("qualora gli scenari dovessero cambiare, un ritorno non è da escludere" hanno sottolineato con un filo di speranza i vertici del campionato) ma per il momento non resta altro da fare che godersi, con un pizzico di malinconia, la lotta a cinque per aggiudicarsi il titolo di ultimo campione della serie.

Da Sakhir (Bahrain) - Marco Privitera