Vettel eroico. Non ce ne vorrete se mettiamo un attimo da parte l’analisi dei singoli episodi per dare spazio a considerazioni generali, vero? Dai non possiamo non iniziare dall’uomo che rappresenta il punto focale di tutto il weekend, ovvero Sebastian Vettel. Nel deserto del Bahrain il tedesco ha rasentato la perfezione: ha fatto intuire di avere buoni propositi già dal sabato, firmando una pole position decisiva su una macchina maledettamente veloce. Durante la gara poi, ha tagliato per primo il traguardo di un Gran Premio che semplicemente non doveva vincere: non era suo, non aveva la giusta strategia e la Mercedes aveva un passo migliore e gomme più adeguate. A 10 giri dal termine addirittura, dopo un azzardo del muretto che gli ha chiesto di fare la “Parigi-Dakar” con lo stesso treno di gomme soft, nessuno avrebbe più scommesso nemmeno 1 euro sulla sua vittoria. Bottas era li, con pneumatici più idonei: recuperava terreno come un razzo, mentre Seb invece guidava come uno che indossa le scarpe del matrimonio per camminare su una lastra di vetro dopo la gelata notturna. Gomma, per farla breve, non ce n’era più, e verosimilmente era cosi da almeno 15 giri. Eppure il ferrarista ha tenuto durissimo, non dando a Bottas neanche una minima possibilità di attacco: è vero, all’ultimo giro il finlandese ha appoggiato le unghie sulla schiena del pilota di Maranello, ma nell’unico punto dove era pensabile attaccare (ovvero la prima curva), quel diavolo di un Vettel ha lavorato di specchietti ed ha pensato bene di “frenare in faccia” all’avversario per costringerlo a rallentare, sorprendendolo poi in trazione e in ingresso di curva 2. Se qualcuno, dopo questa gara, avesse ancora qualcosa da ridire sulle doti di Sebastian Vettel… beh, forse sarebbe il caso che pensasse di dedicarsi all’ippica.

Il toro perde le corna. Tornando all’analisi degli episodi, dopo una partenza abbastanza concitata che ha visto Bottas scavalcare Raikkonen e parecchi contatti nelle retrovie, i protagonisti delle prime fasi di gara sono stati i due alfieri Red Bull, in special modo Verstappen: l’olandesino partiva dalla casella numero 15, e in poche tornate ha “assaltato” Hamilton (partito nono) come se non ci fosse un domani. La manovra è clamorosa, specie pensando che in quel momento i due sono anche a parità di gomma. Avviene tutto in curva 1, con una staccata furibonda del bibitaro che costringe Lewis ad allargare. Max però è troppo avido, e nel tentativo di portare largo il campione del mondo per fargli perdere tempo, finisce per andargli addosso: il contatto non è violento, ma è abbastanza per fare in modo che la posteriore sinistra della Red Bull vada a squarciarsi sull’ala della Mercedes. Il figlio di Jos riuscirà a tornare ai box, ma si ritirerà dopo poche curve per i danni causati al fondo. Sono attimi concitati, e proprio mentre Chris Horner sta smettendo di dire parolacce col pensiero, la situazione precipita ulteriormente: l’altra Redbull di Ricciardo infatti, per un inspiegabile problema elettrico si spegne completamente, costringendo l’australiano a parcheggiare per prati. Un vero disastro, specie pensando che a Milton Keynes hanno forse una macchina già in grado di lottare per la vittoria.

Il sorpasso del decennio. Siamo a ridosso del primo pitstop, e Lewis Hamilton sta cercando di uscire dal groviglio dovuto alla sua partenza da metà schieramento. Davanti a lui c’è Alonso, preceduto a sua volta da Hulkenberg e Ocon in lotta fra loro. Sul rettilineo d’arrivo LH44 prende un’impressionante scia dalla Mclaren e per di più apre anche il DRS: la sua Mercedes raggiunge così quella che il capitano Kirk avrebbe definito “velocità curvatura”, e si ritrova proiettato di fianco a Fernando con davanti le altre due scie della Force India che stava tentando il sorpasso sulla Renault. Nella testa del “nero” rimane quindi una sola cosa da fare: buttarsi tutto a destra e cercare di infilare anche loro. La manovra gli riesce benissimo, e con una staccata furibonda ne impallina tre in un colpo solo. Unbelievable!!

Danza dei pitstop e incidente al box rosso. Sono le strategie però a sentenziare i probabili scenari della gara. Quella che in un primo momento doveva essere una corsa su due soste, su illuminazione di Stoccarda è diventata una gara dove conveniva fermarsi una volta sola. Il primo a capirlo era stato Hamilton, schieratosi in griglia con già le gomme adeguate per andare più lungo, poi emulato dal compagno Bottas. A quel punto per la Ferrari rimane una sola cosa da fare: rimanere sul “piano A”, e quindi arrivare terzi guardando vincere le Frecce d’Argento, oppure tentare l’azzardo, nonostante si stesse correndo con le gomme più performanti ma meno resistenti sulla distanza. Da Maranello decidono quindi di fare un primo esperimento con Raikkonen (fin li terzo), richiamandolo per il secondo pitstop per vedere sia come rispondono i tedeschi, e sia per capire se il passo della vettura con gomma nuova, avrebbe dimostrato più convenienza con doppio pit. L’idea sembra buona, ma purtroppo si trasforma in semi-tragedia: durante il cambio gomme infatti qualcosa non va con la posteriore sinistra, che proprio non vuole saperne di svitarsi. In aggiunta, un errore del software che controlla il semaforino del “via libera” giudica il pit completato e accende la luce verde. La conseguenza è orribile: Kimi vedendo il via riparte, travolgendo il povero meccanico Francesco Cigarini che non accorgendosi di nulla è ancora alle prese con lo pneumatico dispettoso. La gamba del povero addetto si trova di lato sulla traiettoria della monoposto, e viene letteralmente spezzata al passaggio della ruota. Le immagini sono bruttissime e infatti consigliamo ai più impressionabili di non guardarle. Fortunatamente però, nonostante gli attimi di paura, Francesco è rimasto cosciente e tranquillo, ed è subito stato trasportato nel miglior ospedale dove gli è stata diagnosticata la frattura di tibia e perone. A lui va ovviamente un grosso abbraccio, e i nostri migliori auguri di pronta guarigione. Ti aspettiamo presto in pista “Ciga”.

Lo schiaffone morale. Chiudiamo il giro dei Focus con la legnata stratosferica che Honda ha dato per tutto il weekend a McLaren. Dopo una qualifica in cui i motorizzati nipponici hanno “asfaltato” le due vetture di Woking, la storia si è ripetuta anche in gara: Gasly ha eroicamente agguantato il quarto posto finale (mai raggiunto da McLaren nei 3 anni di convivenza coi giapponesi), dando praticamente una vita di distacco agli esperti alfieri di Zak Brown, che nelle stagioni precedenti davano la colpa di tutte le rogne alla deficienza del motorista. Guardando la situazione oggi, forse sarebbe il caso che l’ex scuderia di Ron Dennis prendesse un attimo in considerazione l’idea che forse non era solo colpa del propulsore. E poi, inoltre, vogliamo anche parlare del messaggio radio di Gasly dopo il traguardo? “Yuhoo, evvai, we can fight, we can fight”, che dopo l’analogo messaggio radio di Alonso ai suoi per il quinto posto in Australia, è come se il francesino si fosse messo la mano davanti alla bocca alla “Pierino” e avesse fatto a Fernando un pernacchione d’altri tempi. Anche questa è classe.

Ci vediamo tra pochi giorni in Cina.

Daniel Limardi