La Formula 1 torna sullo storico tracciato di Suzuka: un circuito vecchia scuola dove a fare la differenza può essere ancora il pilota, sempre se assecondato da una monoposto all’altezza. Alla stregua degli altri tracciati storici, come Spa e Silverstone, anche quello giapponese è da medio carico aerodinamico, ma sarebbe riduttivo definirlo in questa maniera: si tratta infatti di una pista da “manico”, dove il pilota deve essere assecondato da una monoposto neutra e perfetta in ogni cambio di direzione, visto che l’equilibrio fra i due assali è fondamentale.

La vettura deve essere settata sia per affrontare la terribile sequenza di “S” con un ritmo sostenuto ma, allo stesso tempo, deve saper essere agile nei tratti più lenti e guidati come la curva Triangle. Un ruolo chiave lo ricoprono gli pneumatici, molto sollecitati con le numerose curve in appoggio da alto carico laterale come la 130 R. I freni sono mediamente sollecitati: quattro sono le staccate più impegnative, ma in generale l’impianto non soffre perché il ritmo sostenuto fa raffreddare adeguatamente il sistema.

Più sollecitata sarà la Power Unit, a piena farfalla per più del 70% del giro, mentre un ruolo fondamentale lo riveste la MGU-H, dato l’acceleratore spalancato per un lungo tratto del giro. Considerati la differenza altimetrica del tracciato e i numerosi saliscendi, anche il fattore peso non è da sottovalutare: 10 chilogrammi si pagano ben due decimi al giro. A complicare ulteriormente le cose ci ha pensato il tifone Hagibis, che ha ridotto le prove libere con la cancellazione delle FP3, rendendo indispensabile il lavoro dei simulatori nelle factory dei team. Ma andiamo a scoprire le novità portate dai team in Giappone.

Mercedes 

Come vociferato a Sochi il tanto conclamato pacchetto aerodinamico è arrivato a Suzuka. Le migliorie riguardano diversi punti della W10, con l’obiettivo di ritornare a essere la vettura schiacciasassi della prima parte di stagione. Si comincia dall’alettone anteriore: nello specifico l’endplate è dotato di una piccola pinna svergolata (freccia gialla) per spingere aria verso il basso, senza inficiare l’efficienza aerodinamica.

Passiamo ora al punto cardine delle novità, ovvero la zona attorno all’ingresso delle pance laterali completamente rivista nei deflettori per cercare di migliorare il flusso rivolto verso il retrotreno. Si parte dal profilo sinuoso verticale leggermene rivisto (freccia azzurra), per preparare l’aria che investe gli elementi orizzontali che sono passati da tre della precedente versione a cinque (freccia verde) per migliorare la laminazione del flusso. Inoltre l’elemento verticale ora non è più a ponte ma largo (freccia rissa) e svasato verso il fondo piatto; il tutto per cercare di sigillare la zona delle fiancate da quella esterna, in modo da non far staccare la vena fluida verso il diffusore.

Sul retrotreno si è preferito montare un alettone posteriore da medio carico per avere più grip nei cambi di direzione e in fase di accelerazione. Hamilton utilizzerà inoltre un nuovo telaio, omologato quest’estate, più leggero e con delle apposite cavità per migliorare il raffreddamento della Power Unit. (Foto: @AMuS)

Ferrari 

Il team di Maranello non ha portato novità, ma solo adattamenti per la pista nipponica. Confermato il pacchetto di Singapore con il nuovo musetto e l’ala di manta nel sotto vettura. Così come le soffiature del fondo piatto, mentre sul posteriore si è deciso di utilizzare un alettone con il mainplane a cucchiaio (freccia verde) per cercare maggior deportanza nel tratto più guidato, che lavora in sinergia con la Deck-Wing biplano. Per quanto riguarda la Power Unit, a Vettel verrà montato lo stesso motore che ha debuttato a Monza (e quindi utilizzato nella gara di Sochi), mentre la MGUK sarà la prima versione, quella montata in Australia. (Foto: @AMuS)

Red Bull 

Il team di Milton Keynes si presenta in Giappone con l’obiettivo di vincere, lo vuole anche la Honda che, sul circuito di casa, ha portato una specifica della sua Power Unit più prestazionale. Ma la scuderia austro-inglese ha cominciato a focalizzare la sua attenzione anche sull’anno prossimo: le monoposto di Verstappen e Albon presentano alcune differenze per effettuare delle comparazioni in pista. Si parte dal musetto e dallo sfogo della S-duct: sulla RB15 di Verstappen è presente uno sfogo decisamente più piccolo di quello che solitamente viene montato (foto). La Red Bull aveva sfruttato questa soluzione proprio per accentuare al massimo l’angolo dell’assetto Rake (o picchiato); questa soluzione può essere sintomo di un’inversione di tendenza.

Novità anche sull’alettone posteriore: sulla vettura di Albon è presente un mainplane leggermente a cucchiaio rovesciato (freccia verde), accompagnato dalle paratie verticali completamente chiuse, fatta eccezione per la feritoia orizzontale di mezzeria. Decisamente più scarica la configurazione della monoposto di Verstappen: il profilo principale è praticamente piatto, lo si può notare dai punti di attacco sull’endplate (freccia azzurra); inoltre quest’ultimi presentano una soffiatura verticale lungo il bordo d’attacco (freccia gialla), per cercare di schermare meglio la zona del posteriore dagli pneumatici. Da notare che anche la carenatura del DRS che è più stretta (freccia rossa) proprio per cercare di generare meno resistenza all’avanzamento.

Interessante l’interno dei cerchi montati sulla RB15: gli anteriori sono lisci, mentre al posteriore presentano una lavorazione superficiale a zigzag, questa soluzione, assieme alla laminazione esterna, ha il compito di cercare di controllare le temperature degli pneumatici. (Foto: @AMuS; @AlbertFabrega)

Renault

Il team francese, dopo un’annata non proprio convincente, cerca di sfruttare le ultime gare per sperimentare le soluzioni che verranno montate sulla monoposto targata 2020. Nei box di Suzuka si è visto un nuovo alettone anteriore con un disegno differente per cercare di generare più carico sull’avantreno e, di conseguenza, far lavorare meglio gli pneumatici. Le modifiche sono numerose: si parte dal profilo principale che presenta un andamento sinuoso con una “gobba” (freccia verde) al fianco della zona a profilo neutro che, abbinato alla soffiatura (freccia rossa), cerca di controllare il vortice Y250 e aumentare il carico aerodinamico. Gli upper flap sono più regolari nella forma (freccia azzurra), con la parte interna che si chiude a ricciolo sempre per gestire le turbolenze, mente la zona esterna resta fedele al concetto dell’outwash. Da segnalare anche una piccola pinna all’interno dell’endplate (freccia gialla) per cercare di gestire i flussi verso gli pneumatici. (Foto: @AMuS)

Haas 

Nessuna novità per il team americano, se non la differente configurazione dell’alettone posteriore delle due vetture: la VF19 di Magnussen monta l’ultima versione dotata delle paratie verticali con le soffiature svergolate (cerchio verde). Contrariamente quella di Grosjean è dotata della classica con le frange verticali. (Foto: @AMuS)

Williams 

Il glorioso team inglese dopo un anno davvero terribile cerca di voltare pagina e guarda al 2020: nel box giapponese sulla monoposto di George Russell si è visto un nuovo alettone che, a detta dei tecnici, è una versione sperimentale. Quest’evoluzione cambia completamente la filosofia della vettura: passando dall’inwash (in stile Mercedes) all’outwash (di scuola Alfa Romeo e Ferrari in primis). Le differenze non toccano il profilo principale, che presenta lo stesso andamento ma gli upper flap, molto simili a quelli presenti sull’Alfa Romeo: la parte interna è dotata di flap di corda notevole (freccia gialla) per cercare di generare carico, mentre quelli verso la zona estera hanno un angolo di attacco quasi neutro (freccia verde) proprio per spostare l’aria verso l’esterno della monoposto. Le derive che reggono i flap superiori sono due, oltre alla funzione strutturale fungono anche da deviatori aerodinamici. Lievemente modificato anche il marciapiede degli endplate, che presenta una curva più schiacciata (freccia rossa) per ridurre le pressioni che agiscono sull’anteriore della vettura. La nuova ala, a giudicare dalle prestazioni cronometriche di Russell, sembra confermare le risultanze scaturite nella galleria del vento. (Foto: @AMuS)

Articolo e grafiche a cura di Michele Montesano