Col GP di Abu Dhabi cala il sipario sulla stagione 2019 della Formula 1 e della Ferrari. Il team di Maranello è stato autore di un weekend con pochissime luci e tante ombre, condite da numerosi gialli sia in pista, con la gestione box non proprio efficace, che per quanto riguarda i rumor di un probabile mercato piloti che vuole Lewis Hamilton alla corte del Cavallino. Ma, alla fine della fiera, ciò che resta in Ferrari è il quarto e quinto posto nella classifica piloti, oltre al secondo in quella costruttori. Andiamo, a mente fredda, a sviscerare un fine settimana che non è andato come si sperava per il team rosso.

Gli stati d’animo non erano dei migliori, considerando che si arrivava da un GP del Brasile che aveva fatto alzare gli animi e i toni nella tifoseria (calmata in maniera poco efficace dai diretti interessati). L’obiettivo era di concludere in maniera positiva il campionato e far tornare competitiva la SF90. Obiettivo diventato immediatamente lontano e difficile fin dalle prime prove libere, dove la monoposto Made in Maranello è sembrata tornare ai valori in campo della prima parte di stagione. La SF90 soffriva una mancanza di grip cronico nel tratto più guidato (il terzo settore) sia in fase di inserimento che in uscita curva; neanche la Power Unit, nei tratti rettilinei, riusciva a colmare il gap cronometrico nei confronti delle Mercedes, ma anche delle Red Bull.

A fare da cartina tornasole il distacco della rossa di Charles Leclerc in qualifica che, nonostante montasse la mescola Soft, fosse dietro alla Mercedes di Hamilton su mescola Medium. Ma è nel corso del Q3 che il muretto box ha vanificato una possibile partenza in prima fila, quando ha mandato in pista Vettel sul filo del rasoio dell’esposizione della bandiera a scacchi, mentre per Leclerc non c’è stato nulla da fare: il monegasco non ha potuto effettuare il suo ultimo tentativo. Quando si cerca di colmare il divario si è costretti ad azzardare, ma in questo caso, considerando le condizioni del tracciato stabili e l’inesistente problema del traffico in pista, non c’era bisogno di ritardare l’uscita delle due monoposto.

Veniamo dunque alla gara: la strategia scelta, come prima opzione, dalla Ferrari la si poteva leggere già come una mossa disperata per non perdere troppo terreno dalle posizioni di vertice. La SF90 ha sempre avuto come tallone d’Achille il non riuscire a far funzionare nella giusta “finestra di utilizzo” gli pneumatici, situazione che a Yas Marina si è acuita per via della sabbia depositata sul circuito. La monoposto rossa ha mostrato difficoltà nella gestione degli pneumatici posteriori, subendo un notevole scivolamento laterale. Per questo le gomme rosse sono durate meno del previsto (rispetto anche agli altri competitors) sia nel primo stint con Vettel, con l’attenuante di un circuito meno gommato e la vettura più pesante per via della benzina, che nell’ultimo stint di Leclerc con gli pneumatici che hanno subito un degrado consistente già prima del traguardo.

La strategia di richiamare entrambi i piloti già al dodicesimo passaggio è stata obbligata per Vettel, ma scellerata per Leclerc: il muretto box Ferrari, nel tentativo di effettuare un undercut nei confronti della Red Bull di Verstappen, ha sperato che le Hard reggessero fino in fondo, salvo poi richiamare entrambi i piloti al trentottesimo giro. Il problema di serraggio dell’anteriore sinistra sulla monoposto di Vettel purtroppo è una delle tante variabili da mettere in conto e che può capitare in qualsiasi gara.

Ma a riportare alla dura realtà dei fatti è il confronto a parità di gomme Hard fra la Red Bull di Albon e la SF90 di Vettel: il pilota thailandese ha effettuato il Pitstop il giro seguente al ferrarista, ma è riuscito a portare a termine la gara senza subire un eccessivo degrado degli pneumatici.

Un discorso a parte lo merita la vicenda “benzina” sulla monoposto di Leclerc: Jo Bauer, delegato tecnico FIA, ha segnalato che la quantità di benzina a bordo della SF90 del monegasco dichiarata dal team non coincide con il valore misurato in verifica tecnica. Risultato: sul terzo posto di Leclerc pende ancora l’ufficialità da parte dei commissari. Una situazione paradossale, considerando che il pilota ha corso sub-iudice per l’intera gara: un episodio che di certo non fa bene alla massima espressione dell’automobilismo mondiale.

Ora viene il bello!

Il team del Cavallino, in questa pausa invernale, deve rimboccarsi le maniche per cercare di migliorare i punti deboli della monoposto e tornare competitivo nella stagione 2020. È palese che le lacune della SF90 sono di aerodinamica e in parte telaio, mentre il punto fermo resta la Power Unit. L’obiettivo non è semplice, considerando il congelamento del regolamento e il gap da recuperare alla Mercedes, ma non impossibile: Leclerc è il pilota che ha ottenuto il maggior numero di pole in questa stagione. Uno degli scogli più duri da eliminare a Maranello è la troppa politica che scorre fra i vari reparti e la gestione da parte del ponte di comando, a volte troppo farraginosa, nelle strategie e soprattutto nella gestione piloti.

Michele Montesano