Il rientro al lavoro dopo le Festività si apre col "botto" per il mondo della Formula 1. Quando manca infatti poco più di un mese al ritorno in pista, per la prima sessione di test invernali in programma sul tracciato di Montmelò, un clamoroso cambio al vertice sarebbe ormai imminente in casa Ferrari. Fuori Maurizio Arrivabene e dentro Mattia Binotto, con il ruolo di Team Principal che così passerebbe nelle mani del 49enne nativo di Losanna. Una novità decisa da John Elkann e dagli uomini a lui più vicini, che andrebbe così a completare il quadro auspicato da Sergio Marchionne prima della sua scomparsa. Un evento, quest'ultimo, capace di disorientare la Scuderia nel momento topico della stagione e di accentuare i già evidenti dissidi interni esistenti proprio tra le due figure.

SPACCATURA. Spesso e volentieri le voci provenienti da Maranello hanno parlato di un team ormai diviso, spaccato a metà: da un lato i fedelissimi di Arrivabene, supportato nel suo ruolo anche dal nuovo a.d. Louis Camilleri, già suo boss ai tempi della Philip Morris e figura sino a questo momento decisamente "oscura". Dall'altro, il team di ingegneri capitanati da Binotto, la cui posizione è divenuta col passare del tempo sempre più solida e autorevole, forte anche della lunga gavetta che gli ha permesso di scalare le varie gerarchie interne al Cavallino. Ad amplificare i dissidi interni anche le vicende sportive che hanno caratterizzato la passata stagione, culminata nella mancata conquista del titolo con una monoposto che per lunghi tratti era sembrata in grado di poter competere perlomeno alla pari con la corazzata Mercedes. Un confronto che ha visto ancora una volta la Ferrari uscire sconfitta, soprattutto in seguito ai pesanti errori commessi da Sebastian Vettel, ma anche per alcune scelte strategiche (vedi qualifiche di Suzuka) che hanno destato parecchie perplessità. A fare da contorno anche le scelte talvolta discutibili operate dallo stesso Arrivabene, il quale non ha perso l'occasione (proprio nel week-end di giapponese) di criticare pesantemente gli uomini del suo team, senza mancare di evidenziare il ritardo nello sviluppo della vettura che a suo dire aveva impedito alla Rossa di giocarsela fino in fondo con i rivali. Il tutto senza dimenticare il mancato ordine di scuderia dato alla partenza di Monza, con Vettel finito in testacoda dopo aver tentato invano di prendere il comando della gara ai danni di Raikkonen. Proprio colui che lo stesso Arrivabene avrebbe voluto confermare almeno per un'altra stagione, ma al quale è invece stato preferito il giovane Charles Leclerc. Tensioni che sono sfociate in una vera e propria "rottura" tra i due, ormai ingestibile in seno al team, la quale ha reso necessario un intervento risolutore da parte dei vertici.

ASSETTO. Insomma, la "politica" in seno al Cavallino gioca come sempre un ruolo determinante. La decisione finale sull'avvicendamento al timone della scuderia sembrerebbe essere stata presa proprio dallo stesso John Elkann, ma potrebbe non essere la sola in grado si "sconvolgere" gli equilibri interni di Maranello. Sempre secondo quanto riportato da 'La Gazzetta dello Sport' anche la posizione dello stesso Camilleri sembrerebbe in discussione. Quest'ultimo, indicato da molti come una figura in grado di svolgere il ruolo di traghettatore, era stato nominato in tutta fretta subito dopo la scomparsa di Sergio Marchionne. La sua unica apparizione "pubblica" in un Gran Premio si era verificata nel paddock di Monza, per una conferenza stampa senza infamia e senza lode. Da quel momento in poi, il nulla. Non a caso, anche il tradizionale pranzo di Natale organizzato dalla Ferrari con i giornalisti era stato misteriosamente annullato. Segnale che qualcosa bolliva in pentola e fosse ormai pronto per esplodere?

FUTURO. Adesso, in attesa dell'ufficialità, si cercherà di capire quale potrà essere il futuro di Maurizio Arrivabene. Una figura che di certo non si è mai risparmiata in termini di generosità e passione, ma che ha sicuramente commesso degli errori a livello di gestione e mostrato evidenti lacune sotto altri aspetti importanti, tra cui quello della comunicazione. Mattia Binotto viene dipinto come un "duro" dai suoi uomini: uno che non si presta facilmente al sorriso, ma al tempo stesso con le idee molto chiare in testa. E capace, soprattutto, di mettere a frutto la sua lunga esperienza all'interno della scuderia che gli ha consentito, dal 1995 ad oggi, di passare al ruolo di ingegnere motorista a quello (a questo punto assai probabile) di team principal. Al punto da rifiutare le offerte che, in maniera più o meno concreta, gli erano arrivate sulla scrivania nel corso degli ultimi mesi da parte della concorrenza (Mercedes e Renault su tutti). Ma ora, un nuovo capitolo sembra destinato ad aprirsi nel team: una mini-rivoluzione (l'ennesima) che come obiettivo inequivocabile si pone quel titolo che sembra essere diventato una chimera.

Marco Privitera

 

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