Da semplice miglioramento aerodinamico e minima protezione contro le abrasioni, a sistema di protezione ultra tecnologico assolutamente indispensabile: l’evoluzione delle tute da moto ha fatto passi da gigante dagli anni '50 ad oggi. L’airbag è soltanto l’ultimo tassello del puzzle, l’ultima fondamentale innovazione di un percorso iniziato con Geoff Duke e la sua tuta in pelle di bovino. Ma quando è iniziato il suo sviluppo?

Gli inizi: la gobba aerodinamica e l’inizio della raccolta dati.

La prima vera protezione per spalle e parte alta della schiena inserita direttamente nella tuta fu la “gobba”, introdotta per la prima volta da Pier Francesco Chili nel 1987.

La sua funzione originaria era quella di migliorare l’aerodinamica del pilota in sella, ma col tempo diventò sia la sede della borraccia del pilota, che un sistema di protezione a tutti gli effetti. Negli anni successivi lo sviluppo tecnologico si concentrò principalmente su altre tematiche, tra cui la resistenza delle tute stesse (che nel 1994 passarono dalla pelle di bovino alla pelle di canguro) e la loro elasticità e comodità durante la guida. Questo fino agli inizi degli anni 2000, quando Alpinestars e Dainese cominciarono a pensare un nuovo sistema di protezione, l’airbag. Nel 2003 Alpinestars presentò un nuovo sistema di acquisizione dati da installare direttamente sulle tute. Il primo a utilizzarlo fu John Hopkins, e da quel momento iniziò il lento processo di raccolta dati che durò anni e contò un numero indefinito di giri in pista. Qualche anno dopo si cominciarono a vedere i primi rudimentali prototipi di airbag.

I primi esemplari.

Il mercato iniziò ad offrire i primi airbag per motociclisti nel 2006 grazie agli esperimenti e i dati raccolti in pista: la Honda mise in produzione la prima moto dotata di airbag, la Goldwing, mentre Motoair e Hit-Air offrivano giacchetti collegati con un cavo al manubrio che, in caso di scollegamento, provvedevano a gonfiare un cuscino protettivo per spalle e collo.

Ovviamente era un sistema scomodo e rudimentale, ma già l’anno successivo iniziarono a comparire in pista i primi modelli wireless, che rilevavano autonomamente i dati e si attivavano in caso di necessità. Era ancora molto impreciso, con un discreto delay tra la caduta e l’attivazione dell’airbag (tanto che a volte si attivava anche dopo che il pilota aveva toccato terra), ma bastava lavorarci su.

Piccola curiosità: la prima testimonianza video dell’attivazione di un airbag risale al 2007, durante le qualifiche della 125cc a Valencia. Il pilota in questione era Micheal Ranseder, meteora del motomondiale di fine anni 2000 e tester Dainese insieme a Simone Giorgi e Marco Simoncelli.

I modelli attuali.

Le sperimentazioni e i perfezionamenti continuarono rendendo il sistema sempre più efficace, fino al 2011: quell’anno Alpinestars presentò la nuova versione del Tech-Air, che passava da coprire solo la parte alta del torso a tutto il busto con una protezione garantita sino alle anche, con un tempo di intervento inferiore ai 45 millisecondi. Nella tuta erano presenti 3 accelerometri e 3 giroscopi, che acquisivano i dati stabilendo quando il dispositivo dovesse gonfiarsi tramite una mistura a base di nitrogeno. Inoltre, il sistema venne studiato per potersi gonfiare due volte senza dover essere per forza ricaricato o reimpostato, un’aggiunta molto utile in caso di più cadute nella stessa sessione. Un valido esempio del funzionamento di questa tuta si può osservare nella caduta di Marc Marquez durante il warm-up del GP di Silverstone 2013:

i dati ricavati dai sensori mostrano i picchi di decelerazione subiti dalle spalle e dalla schiena, oltre alle tempistiche di attivazione dell'airbag che ha risparmiato a Marquez danni ben peggiori rispetto alla sola lussazione della spalla sinistra, gravata come si può vedere da 22.5 G nell'impatto. Parallelamente a Tech-Air, Dainese puntò tutto sulla sua D-Air, modello di riferimento per quanto riguarda l’azienda vicentina. La loro tuta subì un’evoluzione molto simile al prodotto dell’Alpinestars, passando più o meno con le stesse tempistiche alla protezione più estesa dei concorrenti.

La svolta del 2018.

A inizio 2018, il motomondiale impose che tutti i piloti di tutte le classi indossassero una tuta con airbag, sollevando dall'obbligo i soli piloti sostitutivi e le ”wild card” per le prime due apparizioni in gara. Questo cambiò poco dopo la gara del Mugello e lo spaventoso incidente di Michele Pirro, sbalzato dalla sua moto a più di 300 Km/h alla staccata della San Donato: il pilota sembrava non avesse la tuta dotata di airbag al momento dell’incidente, voce riportata da diversi giornali e smentita dallo stesso Pirro.

Per evitare altre situazioni di questo tipo, la Dorna ridusse il limite da due a una gara, e solo in caso di piloti sostitutivi. Difatti le “wild card” vennero escluse, dovendo rispettare l’obbligo dell’airbag sin dalla prima gara. Quest’ultima aggiunta al regolamento ha rappresentato una svolta importante, garantendo finalmente elevati standard di sicurezza anche nelle classe minori del mondiale e quindi un cambiamento di cui si sentiva il bisogno da anni.

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