Credits: Red Bull Content Pool
Credits: Red Bull Content Pool

Chiusa la lunga trasferta asiatica con il weekend di Sepang che ha lasciato degli strascichi importanti all’interno del paddock a seguito dell’incidente di José Antonio Rueda e Noah Dettwiler nel giro di formazione della gara di Moto3, il Motomondiale è tornato in Europa per il penultimo appuntamento: proprio l’incidente che ha causato pesanti strascichi fisici per i due coinvolti è stato forse il tema principale delle conversazioni con i piloti della MotoGP presenti a Portimao.

Richiesta maggiore chiarezza: l'incidente tra Rueda e Dettwiler discusso in Safety Commission

A mente più lucida e a quasi due settimane dall’accaduto, diversi dei piloti MotoGP che hanno affrontato il tema alla vigilia del weekend di Portimao hanno sottolineato come sia necessaria maggiore chiarezza sulle informazioni che vengono date e sulla gestione di casistiche simili e che domani in Safety Commission tutto verrà discusso per capire quali misure potevano essere adottate. Pecco Bagnaia ha ridotto il tutto a una parola: “garbo”, nelle decisioni, nelle dichiarazioni e nella gestione degli eventi, con la Moto3 che per lui non sarebbe dovuta partire.

Viviamo in un periodo dove tutti vogliono dimostrare di sapere le cose e il primo che dà una notizia è il primo che ottiene di più, si è avuta fretta di dire che era tutto a posto quando non era così. Dopo 3-4 minuti è venuto fuori “riders conscious” e poi si è saputo che entrambi hanno avuto problemi seri. Al di là delle fratture, quando una persona ha un arresto cardiaco le cose sono ben più gravi di tutto il resto. A volte le decisioni andrebbero prese con più garbo, così come le dichiarazioni. La gara della Moto3 per me non sarebbe dovuta partire, poi ognuno è fatto in modo diverso, io preferisco sapere piuttosto che non sapere nulla. Anche dire di non partire è un qualcosa che si può fare. Come è successo al Mugello nel 2021, quella era una situazione che poteva essere interrotta ben prima di partire per la gara e siamo partiti lo stesso, io mi ricordo di non essere partito concentrato e sono caduto perché ho toccato il cordolo che non avevo mai toccato prima. Certe situazioni vanno prese con più calma.

Simile discorso per Pedro Acosta, che, come Bagnaia, pensa che la gara della Moto3 non si sarebbe dovuta disputare, lasciando alla MotoGP il ruolo della categoria che il pubblico vuole vedere maggiormente per l’esperienza che i piloti di MotoGP hanno, a differenza di quelli della Moto3.

Non penso che la gara della Moto3 dovesse andare avanti, è vero che lo show deve andare avanti ma lo show vero è la MotoGP, è la classe che tutti vogliono vedere e che tutti aspettano perché è quella più grandi. Abbiamo anche un’età sufficiente per mettere da parte il personale e correre senza pensarci. Loro invece sono “bambini”, anche io è vero che sono giovane, avevo anche fatto colazione con Rueda quella mattina, ma ho più esperienza. Non è necessario mettere dei ragazzi nelle condizioni di correre, è vero che per i team non è semplice fare una trasferta di quel tipo e non correre, ma non è necessario. La MotoGP e la Moto3 non sono gli stessi campionati, se qualcuno deve prendersi la responsabilità dello spettacolo, questa è la MotoGP, forse anche la Moto2 ma la lascio da parte. È difficile poi dire altro, quando poi i piloti coinvolti li conosci. Rueda è stato mio compagno di squadra, con Dettwiler ho corso nella Rookies Cup. Non sai mai se è meglio sapere o no e se è giusto che certe cose siano rese pubbliche.

Altro pilota che ha discusso a lungo sul tema è stato Fabio di Giannantonio, il quale si è concentrato principalmente sul fattore umano e sulla diffusione delle immagini dell’incidente, diversamente da quella che è la policy ormai adottata dal Motomondiale (e non solo) di mostrare replay solo nei casi in cui le conseguenze fisiche per i coinvolti non sono gravi. 

Penso che sia sempre una situazione difficile per la quale non saremo mai pronti e non ci sarà mai un buon modo per gestirle, sono cose delicate e ci sono troppi fattori da considerare. Per me la cosa più importante è l’aspetto umano, dove c’è un 20enne che lotta per qualsiasi cosa. Il focus non dovrebbe essere sul quando ricominciare una gara ma sull’aiutare quella persona, sicuramente ci sono molte cose da considerare. Sono sicuro che l’organizzazione cerchi di fare del proprio meglio, non lo dico politicamente. Siamo tutti umani e sono sicuro che sia così, ma non so cosa avremmo potuto fare meglio. Non è bello per noi tornare in pista dopo aver visto quelle immagini, ma ci sono molti fattori. So che in occasione degli ultimi grossi incidenti avevano stoppato la trasmissione dei replay, voglio pensare che ci sia stato un errore o che chi lavora in TV abbia pensato che non fosse così serio. L’hanno mostrato una volta, dobbiamo migliorare sulla condivisione delle immagini. Io mi stavo preparando, ho acceso il telefono e ho visto 4-5 video dell’incidente da diverse angolazioni. Ora con la tecnologia è facile reperire informazioni. 

Immedesimandosi anche nella situazione che ha coinvolto Rueda e Dettwiler, Diggia ha anche parlato di quelle che sono state le informazioni circolate sin da subito sulle condizioni dei due piloti, ritenendo come una maggiore chiarezza e più filtro sulle notizie circolate in merito fosse necessario.

Parlo come se fosse successo a me: io vorrei che ci sia privacy e che le informazioni siano date nel momento in cui c’è più chiarezza, con un’autorizzazione da parte di un rappresentante del team e mia o di chi è vicino a me. Se ripenso alla caduta con Martin (del Qatar, ndr), mi vengono ancora i brividi perché avevo finito la gara senza la lucidità e la concentrazione giusta, non è bello. Siamo persone, umani. È difficile capire quando e come aspettare, non sono nella posizione di dire che la Moto3 non deve correre, mentre la Moto2 e la MotoGP sì. Abbiamo tutti la stessa età. 

La prima di Bulega in MotoGP

A Portimao arriva anche il debutto in MotoGP di Nicolò Bulega, scelto da Ducati per sostituire l’assente Marc Márquez, la cui stagione è già finita dopo l’infortunio rimediato in Indonesia dopo un contatto con Marco Bezzecchi al via della gara di Mandalika. Il vicecampione del Mondo Superbike ha avuto un primo assaggio a Jerez dove ha fatto una trentina di giri in una giornata condizionata dalla pioggia caduta in Andalusia il giorno precedente, utile solamente per prendere le prime misure con un mezzo completamente diverso dalla Panigale alla quale è abituato nelle derivate di serie.

Non volevo fare le cose di fretta, perché in MotoGP rischi di fare peggio. C’era la possibilità di andare in Malesia, ma era un andare tanto per. Il mio obiettivo principale era quello di chiedere a Ducati di farmela provare prima, per questo abbiamo fatto un test a Jerez. Però, il primo giorno ha diluviato tutto il giorno e lì quando piove ci mette un sacco di tempo ad asciugarsi, infatti, il giorno dopo ha girato Pirro fino alle 3 del pomeriggio, io ho fatto dalle 3 alle 5 e ho fatto qualche giro per capire da che parte montare sulla moto. Non è stato un vero test, è stato un assaggino. Meglio di niente. Sicuramente sarà difficile, questa pista è tosta con tutti questi saliscendi, ma va bene.

Bulega è stato molto sincero nell’evidenziare quelle che sono le difficoltà che un pilota deve affrontare quando sale su una MotoGP a causa di tutte le grosse differenze che ci sono tra la Panigale – nello specifico dell’emiliano – e la Desmosedici, tra gomme, freni e abbassatori.

La MotoGP va più veloce, frena di più, gli abbassatori sono difficili perché non è un automatismo, ci devi pensare. Le gomme sono molto diverse dalla WSBK. Sono tante piccole cose che messe insieme fanno una montagna, quando guido penso alla frenata e al disco in carbonio e quindi non posso frenare uguale, oppure quando esco devo mettere l’abbassatore, oppure alla gomma, che quando sono piegato muove di più perché non è la Pirelli. La moto va più forte e devo ricordarmi di togliere l’abbassatore sennò rimango basso quando freno. Non è la cosa più facile che si può fare, poi qui a Portimao è ancora più difficile. Non è poi questione di punto di frenata, la moto frena di più. Anche fisicamente non è facile. 

Bulega avrà al suo fianco Bagnaia, sua vecchia conoscenza sin dagli anni delle categorie propedeutiche e al quale ha già chiesto molteplici informazioni, con Pecco che ha espresso fiducia nelle capacità del numero 11.

Sono molto contento di avere Pecco come compagno, ieri gli ho chiesto duecento mila cose, però sai un conto è la teoria e un altro è farle e non è la stessa cosa. Sono contento di averlo, quando eravamo piccoli eravamo molto legati. Poi ci siamo un po’ persi dopo che sono uscito dall’Academy ma recentemente ci siamo riavvicinati. Sono contento che c’è lui e che se c’è bisogno di qualcosa glielo chiedo subito. 

Che questo possa poi essere un’anteprima in vista di un futuro nella classe Regina, Bulega non l’ha nascosto: una “pazza” idea nata anche dal confronto con Razgatlioglu negli ultimi due anni e dall’arrivo di Pirelli in MotoGP dal 2027.

Quando sono andato in Supersport la mia idea era di diventare un pilota top della Superbike, magari facendo esperienza. L’anno scorso ho vinto alla prima gara e ho lottato per il campionato al primo anno, quest’anno ho lottato con Toprak fino all’ultima gara per il campionato. Sono state due stagioni incredibili per essere nei miei primi due anni in SBK. Quando ho visto Toprak che andava in MotoGP e ho visto che nel 2027 ci saranno le Pirelli, ho pensato che ero in lotta con lui ed è cambiata la mia idea. Si, mi piacerebbe nel 2027 quando le moto saranno più facili e simili alla Superbike.

Da Portimao, Mattia Fundarò