Credits: Honda HRC
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128 punti in campionato e un incremento di oltre 100 punti rispetto alla stagione scorsa frutto di una lunghissima serie di piazzamenti a punti che hanno portato la Honda a chiamarlo “Mr. Consistency” e di un contributo chiave nel processo di rinascita della RC213V degli ultimi due anni. Luca Marini sta per chiudere un 2025 importante dal punto di vista numerico e di crescita che lo ha visto mettersi in evidenza con una serie di risultati positivi che gli consentono di giocarsi, tutt’ora, la decima posizione nella classifica Piloti del Mondiale MotoGP a due appuntamenti dal termine. A Portimao ci siamo seduti con lui per parlare un po’ della sua stagione e della sua esperienza in uno dei team ufficiali storici della MotoGP.

Una valutazione sul suo 2025 e su quello di Honda

Luca, siamo nella fase finale di questa stagione: come valuti il 2025 – tuo e della Honda – fino ad ora? Avete rispettato le aspettative che vi eravate dati a inizio campionato?
Sì, penso di sì, alcune in realtà le abbiamo superate. Alla fine, il lavoro che è stato fatto in due anni è stato enorme e soprattutto secondo me abbastanza rapidamente abbiamo raggiunto un ottimo livello. Adesso arriva il momento più difficile, quello di diventare la miglior moto o comunque di avere la possibilità di vincere ogni gara, si tratta di trovare 2-3 decimi che sono i più difficili ma siamo ampiamente sopra le aspettative da dopo il mio arrivo all’inizio della scorsa stagione.

Si è vista una crescita costante: cosa è cambiato nel tuo modo di lavorare o nell’approccio alle gare?
In realtà cambia molto il fatto di far parte di un team factory, soprattutto quando vai a fare i test, perché non è tutto relegato a trovare più performance in quel determinato momento. Delle volte si devono provare delle cose per il futuro che sai che magari poi non avrai nel giro di qualche mese, ma servono per capire la direzione in cui bisogna andare. L’approccio nel weekend di gara più o meno è sempre lo stesso, c’è poco tempo per fare prove, solo le FP1 e magari la pista non è perfetta in quel momento. Poi, alla fine, l’unica cosa che conta nel weekend di gara è andare il più forte possibile.

Quale è stata la gara che quest’anno ti ha dato le sensazioni migliori e perché?
Ti direi l’Ungheria perché era una pista nuova ed è stato bello vedere sia come la moto si adatti bene quando c’è una pista nuova, un cambiamento, e ci sono pochi dati, sia come il team ha lavorato tanto bene in una situazione diversa dal solito e questo mi è piaciuto tanto, secondo me quello era stato un ottimo weekend. Ancora non eravamo a postissimo come lo siamo ora, ma è stato uno dei primi weekend dove abbiamo fatto vedere un passo in avanti rispetto alle gare precedenti.

Credits: Honda HRC
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Il progetto Honda e lo sviluppo

Quest’anno avete contato sull’apporto di Albesiano e di Aleix Espargaró che sono arrivati da Aprilia. In che aspetto si è visto maggiormente la loro mano dal punto di vista di organizzazione del lavoro e di soluzioni sulla moto? Vi hanno dato maggiore apertura mentale e maggiori soluzioni? 
Aleix e Romano alla fine sono solo due delle tante persone che sono arrivate, sono arrivati altri ingegneri che ci hanno aiutato tutte insieme tramite la loro esperienza. In tante cose siamo migliorati e cresciuti insieme. Io penso che non dovessimo stravolgere il metodo di lavoro di Honda o imporre determinate cose perché già si stava andando nella direzione corretta. Semplicemente quest’anno siamo riusciti a dargli una spinta in più ulteriore: Aleix tramite i suoi anni passati, nella sua esperienza era partito con un’Aprilia in difficoltà che poi è cresciuta fino a vincere delle gare, quindi un’esperienza d’oro, e Romano allo stesso modo faceva parte di quel progetto. C’è un po’ di metodo di lavoro italiano, di metodo diverso rispetto a quello che qua in passato erano abituati ad avere. La cosa che mi è piaciuta è che tutti insieme siamo andati nella stessa direzione e secondo me è stato fondamentale perché ci ha portato a crescere velocemente, non solo crescere di tanto ma anche in maniera rapida. 

Quanto è stimolante per te essere parte attiva di un progetto di sviluppo così profondo e a lungo termine e quanto sei contento di proseguire in questo percorso anche nel 2026?
Sono molto contento, ci voleva per raccogliere i frutti di quello che abbiamo fatto in questi due anni, sarebbe bello poter lottare per dei podi, per la vittoria. Non sarà facile perché tutti miglioreranno il prossimo anno, dobbiamo essere più bravi degli altri soprattutto quest’inverno e presentarci a Sepang con un passo in avanti ulteriore. Sono molto soddisfatto di quello che abbiamo fatto, perché sicuramente ho dato tutto in questo progetto, perché ho raccolto una sfida che non era semplice ma è stata stimolante, molto, e riuscire a dimostrare di fare questi passi in avanti è stata una bella cosa. Mi sono divertito tanto finora, spero di divertirmi ancora di più adesso che possiamo lottare per le posizioni che contano.

Il rapporto con il team e l’ambiente

Come prosegue lo studio del giapponese? Cosa ti sta colpendo di più di questa lingua e che riflesso ha sul rapporto con la squadra e con i tecnici giapponesi?
Si sta facendo difficile perché è tostissima, è dall’estate dello scorso anno che lo sto studiando ma non regolarmente ed è un po’ un problema. Quello che sicuramente da subito mi ha aiutato a capire è quanto sia diversa la lingua; anche approfondendo la cultura, essa ti permette di avere una connessione migliore con i giapponesi quando ci parli, non solo gli ingegneri ma con tutti, perché siamo molto diversi in tante cose e riuscire a conoscerli meglio ti permette di capire come porti con loro, come far arrivare un messaggio o un argomento che stai cercando di comunicare in una lingua non semplice, perché io non parlo perfettamente inglese e loro non parlano perfettamente inglese, quindi dobbiamo riuscire a farci capire, ma allo stesso tempo ragioniamo in modo differente, a causa dei nostri studi e delle nostre culture. Cercare di avvicinarmi a loro mi permette di avere una conversazione migliore, di capirli in modo migliore.

Qual è l’insegnamento più importante che hai tratto sinora da questa esperienza come pilota ufficiale?
Sono cresciuto molto, sono maturato come persona, come pilota. Direi di aver acquisito più leadership all’interno del box e della casa, ho più fiducia in me stesso e sono consapevole dei miei punti forti e dei limiti, e sono consapevole di dover cercare di avere una comunicazione perfetta con gli ingegneri in ogni momento.

Nelle scorse settimane hai avuto ai box la presenza di Casey Stoner: quanto è stato prezioso ricevere indicazioni da un pilota con il suo background? Qual è il consiglio più prezioso che ti ha dato?
Casey è una grandissima persona, non solo una leggenda come pilota. È un peccato che abbia smesso così presto, avrebbe potuto dare ancora tanto a questo sport. Ogni volta lui dice di alzare la moto di più, in modo da scaricare a terra tutti i cavalli. È anche una persona che sa molto di tecnica, a livello ingegneristico gli piace molto la moto in generale e ha sempre delle suggestioni interessanti. Dà gusto, è una persona con la quale hai piacere a parlare.

Sguardo al futuro

A Misano hai detto che il prossimo obiettivo dev’essere costantemente la top-3: cosa manca alla Honda per potersi inserire sul livello di Ducati e Aprilia?
Un po’ di dettagli in realtà ancora mancano, non sarà così facile. Secondo me abbiamo seguito un ottimo trend di crescita ma come dicevo prima adesso arriva il difficile, l’ultimo gradino. Per me si tratta di ottimizzare il pacchetto che abbiamo adesso, in realtà non c’è bisogno di fare una moto nuova nel 2026. C’è bisogno di rifinire i dettagli, cioè l’aerodinamica, capire cosa ci sta mancando in qualifica, che più o meno già sappiamo: usare meglio la gomma posteriore. La Honda è sempre stata una moto che punta tanto sull’anteriore, ti dà molta fiducia, ti permette di andare sempre oltre l’anteriore mentre sul posteriore ci manca sempre qualcosa. Il nostro focus andrà lì nei test invernali, oltre all’aerodinamica dove c’è tanto margine di miglioramento e come abbiamo visto nelle piste veloci dove conta tanto l’aerodinamica l’Aprilia era imbattibile in queste ultime gare come in Indonesia, a Phillip Island, ma anche a Silverstone. È una di quelle cose che può fare la differenza.

E quando ormai siamo agli sgoccioli e abbiamo superato i 10' previsti nello slot dedicato, decido di metterlo un po' in difficoltà con l'ultima domanda per capire cosa serve alla MotoGP per crescere ulteriormente attraverso gli occhi di una persona che la MotoGP la sta vivendo in prima persona.

La MotoGP negli ultimi anni è cambiata molto e in futuro cambierà ancora di più: quali sono, secondo te, le sfide più importanti che il Motomondiale dovrà affrontare?
È una domanda molto ampia, sai? A me sembra tutto già bellissimo com'è vivendolo da dentro… Dobbiamo cercare di arrivare a più giovani possibili, che si torni ad avere più passione per questo sport che è incredibile, è bellissimo, ma per come sta andando nel mondo in questo momento si tende un po’ a dare tutto per scontato e tutto un po’ meno epico. Dovremmo cercare di ritrovare questo. Il come è difficile perché è tutto già fantastico, le gare sono bellissime, quest'anno ci sono state gare fantastiche e divertenti. 

Da Portimao, Mattia Fundarò