La tragica scomparsa di Justin Wilson a Pocono ha purtroppo riportato d'attualità la scottante tematica relativa all'opportunità di dotare le monoposto di abitacoli chiusi o comunque maggiormente protetti per salvaguardare la sicurezza del pilota. Con ogni probabilità, infatti, il britannico avrebbe potuto avere salva la propria vita con una struttura in grado di proteggere quella che è inevitabilmente l'unica parte realmente vulnerabile: la testa.

La tragedia di Wilson, colpito al casco dal musetto staccatosi dalla vettura di Karam, ha richiamato alla memoria episodi analoghi già avvenuti in passato, con conseguenze più o meno drammatiche. Nel 1972, Helmut Marko (l'attuale super-consigliere della Red Bull) fu costretto ad interrompere la propria carriera in Formula 1 a causa di un sasso scagliato dalla vettura di Emerson Fittipaldi che lo precedeva, il quale gli perforò la visiera danneggiandogli irrimediabilmente l'occhio sinistro. Cinque anni più tardi toccò a Tom Pryce pagare con la vita l'imprudenza di un giovane commissario a Kyalami, il quale attraversò la pista finendo per essere investito dalla Shadow ed uccidendo sul colpo anche il pilota, colpito sul casco dall'estintore che teneva in mano. Passando a tempi più recenti, come dimenticare purtroppo la drammatica estate del 2009, quando il giovane Henry Surtees in Formula 2 perse la vita a Brands Hatch dopo aver colpito col casco una ruota staccatasi dalla monoposto incidentata di un avversario, prima della disavventura che rischiò di costare caro a Felipe Massa, colpito da una molla della vettura di Barrichello all'Hungaroring. Sempre rimanendo in Formula 1, occorre ricordare anche quanto accaduto a Maria De Villota, finita contro la sponda aperta di un camion del team durante un test privato a Duxford e morta l'anno seguente in seguito alle conseguenze dell'urto. Il caso di Jules Bianchi, recentemente scomparso, appare ad ogni modo diverso, visto che è stata la violenta decelerazione a causare i danni poi rivelatisi irreversibili per lo sfortunato pilota francese. Ma proprio poche ore prima del dramma occorso a Wilson in IndyCar, si era sfiorata la tragedia a Spa, durante la gara-sprint della GP3, quando Matthew Parry è riuscito miracolosamente a schivare una ruota staccatasi dalla vettura di Bosak, protagonista di un incidente alla curva di Blanchimont.

Insomma, senza doversi necessariamente soffermare ulteriormente su questa macabra "lista nera", appare ormai evidente come, a fronte dell'elevato livello di sicurezza attiva e passiva raggiunto nel corso degli anni, occorra quanto prima intervenire adottando una sorta di "cupolino" in grado di proteggere la testa del pilota. Un problema di non facile soluzione, visto che l'incognita principale sarebbe legata non solo alla tipologia di materiale da utilizzare, ma anche alla necessità di garantire un'adeguata visibilità al pilota e, soprattutto, alla possibilità di uscire prontamente dall'abitacolo in caso di incendio o emergenza. La Federazione Internazionale, in questi ultimi anni, non è di certo stata a guardare, visto che i campanelli d'allarme si sono ripetuti con una frequenza purtroppo elevata: non a caso, è allo studio da almeno tre anni una soluzione che, a questo punto, appare come non più procrastinabile. Dopo i primi test (poi accantonati) concentratisi sull'adozione di un cupolino in stile aereo militare, lo scottante progetto è stato affidato alla Mercedes, la quale ha fatto circolare proprio nei mesi scorsi un'interessante rendering relativo allo studio effettuato. Se ne ricaverebbe una soluzione ad "anello" anche esteticamente gradevole e soprattutto capace di consentire al pilota di abbandonare comodamente la propria vettura grazie alla presenza di un sistema ad apertura rapida, anche se esso risulterebbe comunque poco efficace nei casi di oggetti di piccole dimensioni.

Secondo quanto emerso nelle ultime ore, proprio all'inizio della scorsa settimana i rappresentanti della FIA ed i responsabili tecnici della varie scuderie avrebbero affrontato l'argomento in un meeting, anche se le tragiche notizie provenienti dalla Pennsylvania hanno probabilmente impresso un'accelerazione alle cose, visto che nuovi test verranno effettuati già a partire dall'inizio di settembre. Ormai non si deve e non si può più attendere: il motorsport è e resterà sempre pericoloso, ma al tempo stesso va fatto tutto il possibile per garantire il massimo standard di sicurezza possibile ai protagonisti che lo animano. Negli anni, parallelamente agli interventi per rendere sempre più sicure le piste, sono stati adottati una serie di provvedimenti che vanno in questo senso: dalle protezioni laterali al poggiatesta, passando attraverso crash test sempre più minuziosi ed esigenti fino a giungere al collare Hans. Eppure, la testa rimane ancora la parte più scoperta, più esposta e più vulnerabile: e allora occorre intervenire al più presto, se si vuole evitare che altri piloti possano pagare con la vita questa lacuna sempre più evidente.

Marco Privitera

 

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