Esso ha visto tanti mutamenti fino ai giorni nostri, con il regolamento TC1 che ha portato ad un aumento notevole delle prestazioni ma, purtroppo, anche dei costi, con la conseguente riduzione dei partecipanti e delle case direttamente impegnate, tanto da costringere gli attuali organizzatori a fare i salti mortali per mantenere una griglia di almeno 16 vetture con almeno 4 costruttori (Volvo e Honda in forma ufficiale, Citroën e Lada in forma privata).

Dall'altro lato c’è la TCR: un campionato in piena forma, con ben 10 costruttori rappresentati (Alfa Romeo, Audi, Ford, Honda, Kia, Opel, Peugeot, Seat, Subaru, Volkswagen) sia in maniera ufficiale che privata, ed altri in procinto di entrarci. Esso è nato con l'idea di far correre i team privati, ma con materiale progettato direttamente dalle case costruttrici; l'intento è comunque quello di creare una galassia di campionati partendo dalle varie serie nazionali e continentali, fino ad arrivare a quella internazionale. L'ovvia conseguenza è che un team può disputare in un anno più di un campionato a tutto vantaggio dell'acquisto iniziale dell'auto, oltretutto molto più contenuto di quello della classe maggiore. La crescita della TCR è stata così rapida da cogliere quasi impreparati gli stessi organizzatori, segno della bontà del progetto iniziale. L'esempio più lampante di questa rivalità che si è creata tra le due serie è stato il GP di Macao: da sempre tappa finale del WTCC fino alla nascita della TCR, il quale dall'anno prossimo ritornerà, grazie ad una discutibile manovra politica, nel mondiale Turismo.

Ma le due categorie, benché rientranti nella categoria Turismo, non potrebbero essere più diverse, prendendo in considerazione l’Honda Civic, l'unica vettura presente in entrambi i campionati. Andiamo dunque a vedere le numerose differenze. Innanzitutto il motore: nel WTCC deve essere il 1.6 turbo benzina (il famoso “Global Engine” utilizzato anche nel mondiale rally) che può essere derivato da uno di serie o costruito appositamente per le competizioni, mente i motori per le TCR possono essere sia benzina che diesel purché turbo ed entro i 2.0 di cilindrata, strettamente derivati da quelli di serie, per poi essere equiparati tramite il Bop (Balance of performance).

L'unico punto di contatto visibile sono gli pneumatici, entrambi da 18 pollici. Mentre lo schema delle sospensioni nel WTCC viene progettato appositamente per le competizioni, nel TCR la configurazione deve essere quella di serie con l'adozione di componenti racing. Sicuramente la differenza più vistosa risiede nella veste aerodinamica. Strettamente derivata dalla serie quella della TCR, ad eccezione dello splitter anteriore e del piccolo alettone posteriore, insieme all'allargamento dei passaruota per ospitare gli pneumatici di maggior dimensione. Molto più elaborata e curata, invece, quella del WTCC, con numerose migliorie ed accorgimenti aerodinamici, a cominciare da un generoso splitter anteriore, minigonne accentuate che lavorano in sinergia con il fondo piatto ed un voluminoso alettone posteriore situato in una posizione più rialzata per non essere “disturbato” dai flussi della vettura e lavorare in maniera migliore: a completare il tutto, le carreggiate allargate per avere una migliore distribuzione dei pesi oltre ad un aspetto più sportivo.

Ma veniamo ora alle note dolenti: i costi. Per una TCR occorrono “solamente” 70-100 mila euro, mentre per una vettura WTCC top si arriva a superare tranquillamente il milione di euro.
Per tipologia di campionato e di prestigio non c'è paragone: vince il WTCC, ma l'idea che muove la TCR di Marcello Lotti è degna di ammirazione. "Non è un’alternativa al WTCC, ma di fatto allarga la base dei partecipanti, permette a squadre e piloti di confrontarsi con regole simili, consente di avere auto usate da girare e rivendere e quindi ammortizzare i costi. E’ lo spirito delle corse Turismo del passato che vogliamo far rivivere" è il suo pensiero.

Il campionato TCR è da vedere come la base propedeutica per chi aspira a correre nel Mondiale Turismo, sperando che quest'ultimo riesca a ritrovare il suo appeal, e non come una categoria nemica utile soltanto per creare lotte fratricide.

Michele Montesano