La pista thailandese è una new entry per il motomondiale. Costruita nel 2014 e già in calendario nella SBK, sorge a circa 300 km a nord-est di Bangkok e si presenta come la classica pista stop&go forte di ben cinque allunghi importanti (tre i rettilinei) dove i tempi tendono ad appiattirsi. Lunga 4,554 m, si sviluppa su sette curve (curva 2 non è propriamente una curva) a destra e cinque a sinistra. I team erano quindi attesi da una doppia prova: procedere nello sviluppo delle moto e prendere confidenza con il tracciato e con un clima più caldo e più umido a differenza della Malesia.

Per la Yamaha non era prevista nessuna novità particolare con i piloti che in questo test dovevano ulteriormente scremare il materiale portato a Sepang. Attese novità in casa Ducati (vedi il debutto di due nuove carene e di un nuovo telaio) mentre in casa Honda, oltre al lavoro di set up, ci si è concentrati sul motore da deliberare e solo l’ultimo giorno è stato dedicato all’aerodinamica. Tra i piloti da segnalare il debutto anche per il pilota malese Syahrin con la Yamaha Tech3. Tracciamo un bilancio team per team della tre giorni di test.

DUCATI

La casa italiana ha provato un cupolino universale per tre versioni differenti: quella agile senza ali, quella con ali da medio carico e quella con ali da alto carico (di ispirazione F1). Cambiare le varie carene, con questo sistema, risulta più semplice e veloce rispetto alle soluzioni precedenti. La nuova aerodinamica spinge nella direzione di voler cercare pacchetti specifici per circuiti. Per i piloti ufficiali, ad ogni modo, emergono sensazioni differenti: Dovizioso, calmo e metodico, ha provato un nuovo telaio di “ispirazione Yamaha” con l’attacco della forcella anteriore scavato e alleggerito, per trovare maggiore torsione in entrata di curva. Il forlivese si dichiara soddisfatto dell’evoluzione del progetto 2018 (senza cercare a tutti i costi il tempone sul giro) e si è concentrato a capire le carene, il telaio e le regolazioni di elettronica, per evitare scelte sbagliate che si pagano durante la stagione.

Lorenzo invece è parso in maggiore difficoltà. L’ing. Dall’Igna ha voluto dedicare allo spagnolo una giornata comparativa con la Desmosedici 2017, per togliere i molti dubbi che assalgono il campione spagnolo in vista della prima gara del mondiale. Il maiorchino, ai microfoni, è parso insicuro sulla strada intrapresa, quasi a voler chiedere una moto a metà tra la nuova e quella dello scorso anno. Se a Sepang lo spagnolo aveva definito la 2018 un capolavoro, adatto al suo stile di guida, da Buriram, il cinque volte campione MotoGP torna a casa con il dubbio di non aver ancora capito la nuova moto. Nel lato box del team Pramac, Jack Miller e Danilo Petrucci, il primo con Ducati 2017 ed il secondo con una ufficiale 2018, vanno fortissimo. Sarà l’anno della verità per entrambi, dunque, ci si aspetta che potranno dare qualche grattacapo agli ufficiali soprattutto nella prima parte di stagione.

HONDA

 I piloti ufficiali hanno speso parole al miele per il loro nuovo mezzo e anche i debuttanti (soprattutto Nakagami e Morbidelli), hanno dimostrato che il progetto 2018 della casa giapponese, è un progetto riuscito bene. I piloti Repsol sono riusciti a girare più forte di tutti e con una certa costanza, con specifiche di gomme più dure (tra quelle presenti ai test). Motore, telaio ed elettronica sono già a posto, anche grazie all’ acquisto di un tecnico ex-Magneti Marelli, che sembra averli proiettati già nel futuro. L’introduzione di un nuovo forcellone anteriore in carbonio sembra la vera arma introdotta dalla Honda: fornisce maggiore rigidità e minor peso, quindi, più maneggevolezza e precisione in entrata di curva. Aspettando l’ultima tre giorni di test in Qatar ai primi di marzo, sembra che la casa dell’aletta dorata sarà, ancora una volta, il team da battere.

YAMAHA

Honda e Ducati, in questo momento hanno un evidente vantaggio in accelerazione, dovuto ad uno sfruttamento migliore dell'elettronica. Abbastanza preoccupati i piloti, perché sembra che i tecnici di Iwata facciano veramente tanta fatica a capire come migliorare il software di questa centralina della Magneti Marelli. Prova ne è il fatto che, sulla moto, Rossi si dice molto a suo agio dato che nei cambi di direzione, in entrata in curva e in percorrenza, è una moto facile da gestire, ma, quando si apre il gas, emergono i problemi di elettronica che lo scorso anno hanno affossato i sogni mondiali del team. Quando i pneumatici calano di rendimento, la moto va in crisi: questo, sostanzialmente, il pensiero di Rossi e Vinales. Inutile sottolineare che i due si aspettavano di più dal nuovo pacchetto software. Ma se i due ufficiali brancolano nel buio, Johann Zarco sembra viaggiare sopra i problemi. Il francese guida una M1 del tutto simile alle ufficiali, se non fosse per la specifica di motore e in questa configurazione, Zarco è l’unico della casa dei tre diapason ad essere competitivo sia sul time attack, che sulla consistenza. A questo punto, sarebbe il caso di fornirgli una M1 2018, identica alle ufficiali e capire se è il suo stile di guida che si adatta al mezzo o se, come tutti temono, i problemi Yamaha sono gli stessi dello scorso anno e non sono ancora stati risolti. Sempre in Tech3, Syharin ha cominciato il suo apprendistato e sembra avere ampi margini di miglioramento.

SUZUKI

La casa di Hamamatsu ha sicuramente una certezza: Alex Rins va veramente forte. Questo può essere un buon punto di partenza, perché la versione 2018 della Suzuki pare funzionare bene. Unico neo, un Andrea Iannone piuttosto in ombra anche se non dobbiamo dimenticare il lavoro di affinamento e la quantità materiale provato e che non devono portare a conclusioni affrettate. Qualche decimo di differenza tra i due non dovrebbe essere un problema, non fosse per il fatto che il fuoriclasse di Vasto, avrebbe bisogno di mettere a tacere le molte voci che lo mettono sempre in discussione. Dal punto di vista tecnico, anche la Suzuki ha nell’elettronica il suo tallone d’Achille con un motore non ancora all’altezza delle rivali giapponesi (tanto meno di Ducati) e tanto lavoro da fare per lo sviluppo della centralina. Sul giro secco è una certezza, potendo contare su piloti piuttosto veloci ma è ancora un’incognita sulla consistenza in gara.

APRILIA e KTM

Potremmo dire che le due case, non sono pervenute. Remano costantemente nelle retrovie dei tempi, vuoi per problemi legati ai piloti (Pol Espargaro è stato operato di ernia e rientrerà per la gara d’apertura in Qatar), vuoi per i limiti di sviluppo dei motori e della ciclistica dei due mezzi. Se è vero che per fare il salto di qualità, sono necessari piloti indiscutibilmente veloci, è anche vero che i due mezzi, con tutte le differenze del caso, non sembrano ancora in grado di lottare per le posizioni che contano. Sarà un altro anno di apprendistato per i questi due team ufficiali, in attesa del vero salto di qualità e, di conseguenza, dell’arrivo di qualche top rider, in grado di fornire quel quid che permetterà di chiudere il gap con le squadre di vertice.

 

Michele Bertolini

{jcomments on}