Beggio se ne va a 73 anni, a causa di un male incurabile. Per chi non lo conoscesse, parliamo di una vera e propria istituzione per il motociclismo mondiale: fu lui ad ereditare dal padre, nel 1969, una piccola azienda di moto, e a trasformarla nell’Aprilia che tutti conosciamo. Dimostrò sia grandi capacità imprenditoriali (passando da un fatturato di 7 miliardi nell’82, ai quasi 970 del ’97), sia grande amore per lo sport motoristico. Portò il suo marchio a giocarsela con le grandi case costruttrici giapponesi, riuscendo spesso e volentieri a batterle. La sua Aprilia infatti, ha portato a casa qualcosa come 54 titoli mondiali, sparsi tra Motomondiale, Superbike e discipline off road.

Nella sua vita, Beggio non fu solo un grande sportivo, costruttore e imprenditore, ma anche un grandissimo uomo e scopritore di talenti. Ci sono parecchie persone infatti che devono a lui la loro carriera, e non si tratta esattamente di “sconosciuti”: Max Biaggi ad esempio, deve a Beggio il suo esordio nel motomondiale. Cosi come lo stesso Valentino Rossi, passando per i vari Gramigni, Poggiali, Melandri ecc… E proprio l’ex corsaro nero, definisce Beggio suo “papà racing”, a dimostrazione dell’immensità dell’uomo che si celava dietro un grande marchio.

Potremmo continuare a star qui per ore nel tentativo di descrivere tutto quello che è stato Ivano Beggio, ma ogni parola, ogni frase, ogni pensiero, sarebbe riduttiva nei confronti di un uomo che è stato una bandiera vivente del made in Italy nel mondo. Una persona che ha saputo unire coraggio, passione e capacità. Un visionario, quasi un pioniere, che ci lascia con un’eredità enorme: sentirsi orgogliosi, ogni volta che in qualsiasi punto della terra guarderemo una Aprilia…

Ciao Ivano.

Daniel Limardi