Da quel giorno infatti la vita di Michael Schumacher è entrata in un tunnel imperscrutabile, ovattato (giustamente) da una privacy impossibile da scalfire e penetrare. Per Michael, quel 29 dicembre 2013, avrebbe dovuto rappresentare una giornata di relax in montagna da condividere con famiglia e amici, come ne aveva vissute tante altre dopo il definitivo ritiro dalla Formula Uno maturato il 25 novembre 2012 nel weekend brasiliano di Interlagos che aveva incoronato campione del mondo, per la terza volta, il suo pupillo Sebastian Vettel.

E invece, proprio per quell’assurdo incidente sugli sci, Schumi sta pagando dazio a un destino che l’ha reso celebre e campionissimo sulle quattro ruote ma che alla fine, come accaduto ad altri grandi del passato, è pronto a chiedere un salatissimo conto all’improvviso, bussando alla porta della vita quando meno te l’aspetti. Si, proprio cinico e baro questo beffardo destino che non si cura di nulla e di nessuno!

Sfogliando celermente con la mente la carriera ultra ventennale carriera di Schumacher, ci si accorge di come  non  abbia mai subito incidenti tali da mettere seriamente in pericolo la propria vita. Il suo unico, grave, stop è rappresentato dalla frattura di tibia e perone della gamba destra avvenuta sulla pista di Silverstone nell’estate del 1999. In quella circostanza in molti ne avevano cantato il “de profundis”, sicuri che quel talento tedesco non sarebbe tornato più quello veloce e caparbio di un tempo, con il sogno di riportare il titolo in Ferrari che sarebbe rimasto tale. E invece poi, come la storia ci ha detto e insegnato, la realtà si è sviluppata in maniera completamente diversa da tutti quei processi mediatici che avevano animato quell’epoca che ad oggi appare oramai lontana e remota dal punto di vista cronologico, ma puntualmente presente nei ricordi dei tanti appassionati.

Sarebbe bello se Michael riuscisse ad emulare quell’impresa, anche se in questo caso si tratterebbe di un vero e proprio miracolo. Eh già. Sarebbe come vincere una gara partendo con diversi giri di ritardo.

Dopo quattro anni quel barlume di fiduciosa attesa, che regnava nei milioni di tifosi del Kaiser, sembra essersi assottigliato sempre più giorno dopo giorno, trasformatosi in snervante e frustrante attesa. Ma Michael è ancora lì che lotta, nonostante un lungo e difficile processo di riabilitazione a cui è sottoposto, nel quartier generale della sua villa svizzera di Gland adibita per l’occorrenza a vero e proprio ospedale.

Come recita un antico adagio, ma pur sempre attuale nei contenuti, “finché c’è vita c’è speranza”. E allora non resta che aggrapparsi con tutte le forze a questa speranza (accompagnandola, per chi crede, a una preghiera), fiduciosi di ricevere prima o poi notizie veritiere (e non le stucchevoli fake news che purtroppo hanno trovato terreno fertile nel web in questi anni) sulle reali condizioni del sette volte iridato.

Forza Schumi, ti aspettiamo: vinci questa battaglia! #KeepFightingMichael

Piero Ladisa