Recentemente sembra però essersi inaugurato un trend differente; l'arrivo di Lance Stroll nella massima serie, uno che fin dai tempi delle gare in kart girava con un motorhome personale e che ha goduto lo scorso anno (a sue spese) di ben sette test privati guidando la monoposto 2015 su altrettanti circuiti del Mondiale, sembra aver in parte sovvertito questa consolidata modalità di approccio alla Formula 1, aprendo un nuovo capitolo della questione. L'approdo di un miliardario del calibro di Stroll (padre) ha modificato il rapporto fra team e pilota, diventando la prima voce di bilancio di una squadra storica e blasonata come la Williams. Gli oltre 80 milioni di euro che si vocifera vengano versati per permettere al giovane Lance di affrontare la stagione, rappresentano circa la metà dell'intero budget della squadra per il 2017. Da un lato, questo modo di fare rappresenta una manna per la scuderia e per i piani di sviluppo della nuova macchina, dall'altro però presenta il pericoloso rischio di vedere trasformare i membri della squadra in dipendenti di Stroll stesso, di fatto col pericolo di creare dinamiche spiacevoli all'interno del box. Il ritorno di Massa ha in questo senso limitato i problemi, perchè se fosse rimasto Bottas per il finlandese sarebbe stato un fastidio non da poco. Il brasiliano è invece pilota che non ha più nulla da dimostrare nella sua carriera, perciò si potrà anche dedicare al ruolo di "maestro" del giovane Lance condividendo consigli ed esperienza. 

Essendo uno sport di tecnologia ed alti costi, non sorprende che la Formula 1 richiami personaggi dai portafogli pesanti e dall'ego gonfio, pronti ad ogni follia per garantire futuri da corsa ai loro figli: ma fino a che punto questo genere di talenti può dirsi genuino? Nel caso di Stroll, probabilmente molto poco. Tuttavia, nella costruzione di un talento sin dalla più tenera età, avendo a disposizione i mezzi giusti, non vi è certo nulla di male. La disponibilità economica non è una colpa, ma l'interrogativo sorge, dato che il giovane canadese ha sempre scelto un approccio molto sopra le righe, senza fare nulla per passare almeno un po' inosservato. 

Come abbiamo visto nei test, l'approccio alla Formula 1 certo non è facile e il giovane Stroll non ha per il momento impressionato, anche se è troppo presto per un giudizio da "promosso o bocciato". Lo stesso Giovinazzi, anch'egli debuttante a Barcellona, ha evidenziato la difficoltà nascoste in queste nuove vetture, esaltando invece il ruolo propedeutico e formativo di categorie come la GP2 (ora Formula 2). Il modello Verstappen del resto sembra non essere la soluzione giusta per tutti: il giovane olandese rappresenta infatti l'esempio del talento genuino, che nasce una volta ogni 10 anni o giù di lì. 

Il business dei miliardari interessati a comprare/costruire una carriera in Formula 1 ai loro eredi si sta allargando. Dietro a Stroll si fanno largo altri nomi danarosi che tentano il grande salto: il giovane Lando Norris in orbita McLaren per esempio, o Alex Lynn, già pilota in GP2 Series. Negli ultimi anni d'oro della Formula 1 (i primi 2000), la presenza di marchi storici come BMW, Honda e Toyota aveva garantito alla FIA quella varietà di case costruttrici che essa si auspicava. Dopo il ritiro di questi grandi marchi (la Honda è tornata ma potrebbe lasciare presto, se la McLaren continuerà ad arrancare) i motoristi sono rimasti tre, le squadre faticano a mettere insieme i milioni che servono ed ecco dunque che i miliardari si presentano per "comprare" quote e sedili ai loro rampolli: vuoi per regalargli un passatempo costoso, vuoi per legittimamente coltivare un talento. Non sarà l'approccio migliore del mondo, ma un campione può nascere anche così.

Stefano De Nicolo'   

 

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