Ambizioni alimentate anche dalle dichiarazioni del presidente Marchionne della vigilia che, forse sulla scia dell'entusiasmo derivante dalla quotazione in Borsa, aveva legittimato le ambizioni di conquista del titolo già dal 2016. E invece, niente di tutto ciò: i 173 punti di distacco in classifica dalla Mercedes parlano da soli, ma è soprattutto l'incapacità di progredire manifestatasi nel corso dell'anno a dover preoccupare gli uomini in rosso, scavalcati ora sotto tutti i punti di vista dalla Red Bull nel ruolo di seconda forza del Mondiale.

Eppure, le premesse non sembravano malvagie: la SF16-H si è presentata come la vettura forse capace di evidenziare il maggior taglio netto rispetto al passato, con il ritorno alla sospensione push-rod unita a tutta una serie di altre soluzioni che l'avevano resa il progetto probabilmente più ambizioso e dotato dei più ampi margini di miglioramento tra i top team. Le cose però, dopo la fulminea partenza di Melbourne che aveva rilanciato i sogni di gloria del team, hanno ben presto iniziato a prendere una brutta piega: tra problemi di affidabilità (vedasi il clamoroso ritiro di Vettel in Bahrain nel giro di formazione), prestazioni spesso non all'altezza e qualche errorino dei piloti, la stagione è andata delineandosi in un modo ben lontano dalle aspettative, con un team apparso più volte incapace di reagire tempestivamente alle soluzioni tecniche proposte dai diretti avversari. I quali, ben presto, hanno spiccato il volo: fermo restando una Mercedes sempre lontana ed imprendibile, è stata soprattutto la Red Bull a sorprendere gli uomini del Cavallino, mettendo in atto un clamoroso sorpasso incentivato anche dalla nuova Power Unit Renault messa a disposizione della scuderia di Milton Keynes a partire da Barcellona. Come se non bastasse, ci si è messo anche il destino, con la prematura scomparsa della moglie di James Allison che ha rappresentato l'anticamera della separazione tra la Ferrari ed il suo direttore tecnico, ufficializzata nei giorni antecedenti alla gara di Hockenheim.

Per un team lontano dal cogliere gli obiettivi della vigilia e privo della sua guida tecnica, quali possono essere le speranze di risalita in vista della seconda parte di stagione? Difficile che la situazione possa cambiare nel breve volgere di poche settimane. Spesso in Ferrari è venuta a galla la difficoltà nel riuscire a fare funzionare le gomme nella finestra ideale di esercizio, con il risultato di avere una vettura scorbutica ed incapace di offrire i medesimi riferimenti tra una sessione e l'altra durante lo stesso weekend. In alcune situazioni (vedi Canada) le scelte del muretto box hanno fatto discutere, mentre in altre sono risultate decisamente più azzeccate, con gli stessi piloti che non sono comunque riusciti ad offrire il meglio del proprio repertorio: se Raikkonen sta comunque disputando una stagione più che dignitosa, impreziosita da alcune perle di bravura come quelle mostrate in Ungheria e dimostrando di meritare il rinnovo del contrario, Vettel per ora non è riuscito a trascinare per mano il team fuori dalla crisi tecnica, mettendo talvolta in mostra un malcelato nervosismo che, da un lato, evidenzia la sua determinazione nel voler tornare a vincere, ma dall'altro anche la frustrazione nel dover ancora una volta affrontare un'annata di transizione.

Rimboccarsi le maniche e lavorare a testa bassa: è stato questo il motto imposto fortemente da Maurizio Arrivabene sin dal suo primo giorno a Maranello. Il lavoro, la passione e l'impegno di certo non mancano, forse servirebbe qualche idea in più e capacità di metterla in atto in tempi ristretti per tornare se non altro a ricoprire il ruolo di anti-Mercedes. Dopodiché, si vedrà: nel 2017 la rivoluzione regolamentare potrebbe stravolgere le carte in tavolo ed il nuovo corso "orizzontale" capeggiato da Mattia Binotto avrà una nuova chance per tentare di riposizionare la Ferrari nel ruolo che gli spetta.

Marco Privitera