Personaggio forse poco conosciuto agli occhi degli appassionati di ultima generazione, Amon è stato l'emblema del pilota veloce ma incapace di tramutare in successo il proprio talento, spesso per guai meccanici che lo hanno privato in più di una occasione di una vittoria che sembrava ormai essere a portata di mano. Non sono bastate infatti 96 partenze (con 5 pole position, 11 podi e 3 giri veloci) tra il 1963 e il 1976 al volante di vetture prestigiose quali Ferrari, Lotus, Lola, Tyrrell e March per regalargli la gioia di un successo nella categoria regina, il quale (ironia del destino) arrivò invece nel GP di Argentina 1971 a bordo della Matra, nell'unica edizione non valida per il Mondiale. Successi che invece il neozelandese riuscì a cogliere nelle ruote coperte: impossibile infatti dimenticare il trionfo nella 24 Ore di Le Mans 1966 e quello colto l'anno successivo a Daytona e alla 1000 Km di Monza.

Collaudatore sopraffino e meticoloso, Amon venne indicato dall'ingegner Mauro Forghieri quale il migliore in assoluto mai avuto dalla Scuderia Ferrari in tale ruolo. Una storia, quella tra il "campione sfortunato" ed il Cavallino, che ebbe inizio nel 1967 e si protrasse per tre stagioni complete, caratterizzate dall'eccellente rapporto venutosi a creare tra Amon e il team (con il Drake e lo stesso Forghieri tra i suoi principali estimatori) ma anche da momenti tragici, come l'incidente mortale di Lorenzo Bandini a Montecarlo nel 1967: un evento che avrebbe segnato a lungo tempo il pilota di Bulls.

A un certo punto della sua carriera, Amon è anche entrato nel ristretto novero di piloti che decisero di voler fondare un team in Formula 1 con il proprio nome: ma la Amon AF 101, progettata da Gordon Fowell, non si rivelò all'altezza delle aspettative, riuscendo a qualificarsi solo nel GP Spagna 1974. La carriera di Amon si concluse improvvisamente, in maniera quasi inaspettata: passando davanti al rogo della Ferrari di Niki Lauda al Nurburgring, il 1° agosto 1976, il neozelandese rientrò ai box, sceSE dalla sua Ensign per poi non farne più ritorno. Incidenti che avevano comunque segnato anche la sua carriera, ma dai quali era riuscito ad uscirne senza praticamente riportare un graffio: basti pensare ai due terribili crash accusati nelle curve di Lesmo, a Monza, prima nel 1963 sulla Lola Mk4 e poi nel 1968 sulla Ferrari 312.

Una volta abbandonata l'attività agonistica, Amon è rientrato in patria per dedicarsi all'attività di famiglia, ovvero l'allevamento di pecore, tornando solo sporadicamente a farsi vedere nel Circus in qualità di consulente Toyota. Oggi il suo addio: la Formula 1 piange il suo campione sfortunato.

Marco Privitera

 

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