Quella di Enzo Ferrari è la storia di un grande costruttore, di un grande uomo di sport, di un grande italiano. A venticinque anni dalla sua scomparsa, la figura dell'Ingegnere continua a rappresentare uno dei punti di riferimento principali non solo nell'ambito delle auto da corsa, ma anche un vanto per l'Italia a livello mondiale. Il suo carisma, le sue intuizioni, la sua capacità di scegliere gli uomini giusti e piazzarli al posto giusto ne hanno decretato la fama, consentendo alla sua fabbrica di diventare sinonimo di eccellenza, eleganza e passione. Un uomo duro, capace di giudizi taglienti e opinioni mai banali, da dietro quelle lenti scure che ne aumentavano l'aurea di misteriosità e ne celavano lo sguardo spesso diffidente. Ma anche una persona disposta a tutto pur di difendere la propria azienda e le proprie creature, quelle auto rosse intrise di passione che ne hanno sancito il successo e la notorietà in ogni angolo della Terra. Ferrari era un abitudinario nel proprio lavoro, talvolta spietato con i collaboratori che non riteneva all'altezza ma anche capace di aprire il proprio cuore verso poche, fidate persone incontrate lungo il proprio cammino. Come il figlio Dino, perso nel 1956 a soli 24 anni a causa di una malattia incurabile; come il fido Franco Gozzi, storico collaboratore e braccio destro del Drake, recentemente scomparso; ed infine, verso quei piloti capaci di esaltarlo ed emozionarlo, con i quali il rapporto andava ben oltre il semplice aspetto professionale: su tutti, i nomi di Tazio Nuvolari e Gilles Villeneuve. Capace di scelte innovative e a volte controcorrente, Ferrari ha traghettato la propria fabbrica dalle ceneri del dopoguerra sino alla concorrenza con i grandi marchi inglesi degli anni '60 ed all'avvento del turbo, affrontando e superando mille difficoltà con ostinazione e perseveranza. L'azienda che oggi, a venticinque anni di distanza da quel 14 agosto 1988 nel quale l'Ingegnere si spense silenziosamente nella sua casa di Modena, è una delle poche realtà italiane viste come riferimento nel mondo: oltre all'aspetto sportivo, che ha regalato in quest'arco di tempo complessivamente 14 titoli mondiali in Formula 1, essa è oggi presente in 62 mercati mondiali, con un bilancio che cresce positivamente di anno in anno. Merito anche delle scelte dello stesso Ferrari, che lasciò in eredità il 10% al figlio Piero ed il restante 90% alla Fiat, unica grande casa automobilistica nazionale in grado di garantirne la sopravvivenza senza dover rinunciare alla propria identità. Eppure, non tutti sanno che l'avventura di Ferrari ebbe inizio proprio nelle vesti di pilota, quella categoria che si sarebbe poi divertito a giudicare e valutare nel suo libro: "Piloti, che gente..." uscito nel 1983. Dal 1919 al 1932, lungo le polverose strade di mezza Italia, l'allora giovanotto modenese si distinse positivamente soprattutto nelle gare in salita, ottenendo diverse vittorie spesso a bordo delle Alfa Romeo. E fu proprio grazie alla casa di Arese che ebbe inizio l'avventura della Scuderia Ferrari, quando Enzo, acquistandone alcuni esemplari, fondò la sua prima squadra corse il 16 novembre 1929. Come emblema della neonata realtà venne adottato il cavallino rampante, simbolo che Paola Baracca, madre dell'aviatore italiano Francesco (caduto nella guerra del '15-'18) propose a Ferrari per poter ricordare il figlio scomparso. Ferrari acconsentì dando al logo un tocco personale: ovvero dotando l'immagine di uno sfondo giallo in luogo del bianco originale, nell'intento di voler richiamare il colore di Modena. Un simbolo inconfondibile che, ancora oggi, contraddistingue il marchio Ferrari in tutto il mondo: un'emblema ricco di storia, fascino e tradizione, legato intrinsecabilmente alla figura del proprio fondatore. E chissà se il Drake, da lassù, starà osservando compiaciuto tutto questo. A noi piace pensare che sia proprio cosi.