Siamo talmente assuefatti da aver quasi dimenticato che alla guida ci sono piloti, visto che il dato che conta ormai è solo quello meccanico. Il chiacchiericcio, più o meno acceso della vigilia, è ormai incentrato solo su aspetti secondari e di infimo interesse per chi ama la velocità, le traiettorie, la guida, le competizione...le corse signori, le corse! Non sento parlare di gesta di piloti, non leggo di sorpassi, di guanti consumati dai calli, di uomini aggrappati ad un sogno. Non c'è più il piacere di commentare bloccaggi, ruote fumanti, di contemplare e sognare a pieni polmoni quell’adorabile olezzo di gomma bruciata e olio di ricino.

Ma no: buttiamo il sangue e il tempo a parlare dei gettoni del compressore del turbo del motore termico, che fa parte di una più complessa unità ibrida che alla fiera dell'est per due lire mio padre comprò…Che ci importa che stanno per accendersi i motori in uno dei tracciati più belli e suggestivi del mondo? Per molti di noi la F1 di oggi non è più uno sport fatto di piloti che si battono in pista, ma è quasi una scienza. Finanche nell’immaginario collettivo i piloti vengono privati del luoro ruolo eroico e ridotti di fatto a meri esecutori di precise istruzioni impartite dai matematici al muretto.

Poi ci chiediamo perché la gente preferisce vedere le scorribande e i litigi tra i sempre più “tamarri” rider della MotoGP e si è irrimediabilmente allontanata da quella F1 che a sentire i più “è diventata incomprensibile, è troppo complicata”. E pensare che non ci sarebbe niente di più bello, romantico e intuitivo di una monoposto fiammante lanciata ad alta velocità e guidata da un campione. Nella complessità dei numeri e di una tecnologia asfissiante ed ingombrante si è andato perdendo il significato della F1: quello di regalare un sogno impossibile a chi la guarda.

Antonino Rendina

Twitter @antorendina

{jcomments on}