Lo ricordano tutti, oggi, con affetto e qualche aneddoto. Ma erano in pochi a conoscerlo veramente, perchè l'uomo era discreto, schivo, riservato. Ma la sua presenza era forte, eccome se lo era. La si percepiva ai Gran Premi come un'aura, un'onda di autorevolezza che colpiva tutti, non solo gli italiani. Il paddock si fermava per sentirlo parlare. E la sua levatura gli consentiva di esprimersi su qualunque tema: sport, politica, business. Rispondeva con quella voce bassa e sicura, accompagnata a quell'espressione un po' sorniona che faceva però capire di saperne molto più di quanto potesse dire. Un incontro straordinario ogni volta, e una prova di forza per cercare di farsi largo tra la folla e tentare di registrare qualche sua dichiarazione. 

Uno stile unico per un personaggio che è stato fuori dal comune. Gigante dell'industria e stratega formidabile, lascia un enorme vuoto anche in Formula 1, in cui si è visto spesso a partire dal 2014 quando rimpiazzando Montezemolo assunse la presidenza anche dell'amata Ferrari. Amata nel vero senso della parola, perché per un italiano emigrato il legame col Cavallino è sempre rimasto forte: simbolo di un'Italia magari lontana ma mai dimenticata. Ed è proprio attraverso scelte apparse impopolari e avventate che Marchionne ha lasciato la sua impronta profonda anche a Maranello, strutturando il nuovo organigramma della Squadra Corse. L'ormai celebre struttura "orizzontale" ha arruolato molti nuovi giovani tecnici italiani strappati alla produzione e destinati alla pista invece di prezzolati stranieri. Perché - si domandava il presidente - gli italiani sanno fare le macchine più belle del mondo e non devono saper fare buone auto da corsa? Rinunciare a cervelli stranieri per valorizzare talenti nostrani fu scelta difficile che fece storcere il naso a molti, ma dalla fiducia a Maurizio Arrivabene in avanti sono arrivati i Mattia Binotto, i Sanchez, i Cardile e altre figure chiave dell'attuale struttura organizzativa. Non sopportava Marchionne veder primeggiare la Mercedes in modo tanto netto, e proprio per un beffardo destino non potrà più vedere la migliore macchina degli ultimi anni essere superiore proprio a quella Mercedes che tanti dispiaceri gli aveva causato, inseguendo un mondiale mai alla portata come quest'anno. 

La passione per il talento italiano non era limitata solo ai tecnici: Sergio Marchionne è stato uno dei più grandi sostenitori della crescita di Antonio Giovinazzi, che aveva in lui un grande pigmalione ed uno dei più grandi tifosi. Sua la spinta fondamentale per portarlo in Ferrari in attesa di un suo debutto ufficiale in qualche altra squadra per farlo crescere. Anche un altro successo come il ritorno del marchio Alfa Romeo in Formula 1 legandolo alla Sauber, oltre che il rilancio di un brand in cui Marchionne credeva moltissimo nella sua mente, avrebbe forse anche favorito il ritorno di un pilota italiano nella categoria, ipotesi questa - per fortuna - ancora non del tutto tramontata. Sognava forse un ritorno anche della Maserati; suggestivo, certo, anche se difficile a dirsi. Ma successi e soddisfazioni sono volati via anzitempo tutti insieme nel giro di pochi giorni, in un'estate che proprio la sua Ferrari sta vivendo da protagonista tentando di riportare - ora più che mai - il titolo mondiale a Maranello. 

Il futuro senza di lui spaventa molti e inquieta tanti altri. La sua visione e la sua lungimiranza forse morirà con lui, ma la strada che ha saputo dettare all'azienda e al gruppo resterà. Lascia una mentalità vincente che forse si era un po' appannata negli ultimi tempi: la consapevolezza di essere i migliori e di crederci sempre fino in fondo. Tutta la sua mentalità ha così fortemente superato la più che ventennale dialettica montezemoliana, e la Ferrari riparte dunque da poche incognite e molti punti fermi. La strada è tracciata e al timone c'è un nuovo capo; per quanto già una vecchia conoscenza dei Gran Premi, Louis Camilleri lavorerà certamente nel segno della continuità per rimanere sui binari di un percorso già tracciato, fatto di numeri straordinari per l'azienda mai visti prima e successi sportivi da consolidare, per giungere al premio finale da dedicare al condottiero più controverso e vincente che l'azienda abbia mai avuto. 

Come disse una volta proprio rivolto ai giornalisti, categoria di cui avrebbe voluto far parte una volta terminata la sua esperienza di manager, 'adoro il vostro lavoro, potete fare tutte le domande che volete senza dover rendere conto a nessuno'. Ci mancherà, presidente: peccato, avremmo avuto ancora tante domande da farle. Mancherà a molti, molti dei quali saranno in pista, già domenica, a tifare ancora per lei. 

Stefano De Nicolo'

 

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