Dopo la clamorosa e repentina sostituzione di Dani Kvyat dalla Red Bull e la sua retrocessione in Toro Rosso a favore di Max Verstappen lo scorso anno, più di un commentatore ha valutato la conferma del pilota russo al team di Faenza anche per questa stagione come una sorta di risarcimento per quanto subito, quasi un'ultima chance per mostrare il suo valore che l'ha portato a trionfare nel campionato GP3 nel 2013. 

I risultati però sono impietosi; anche quest'anno il russo paga il forte ritardo in classifica rispetto al compagno Sainz, con un parziale di punti di 48-4 che relega Kvyat al penultimo posto in classifica piloti, davanti al solo Ericsson ancora a quota zero. Un rendimento scadente e discontinuo soprattutto per un team sotto l'egida della Red Bull, con la figura di Helmut Marko sempre presente ed ingombrante per i piloti che devono dimostrare di avere la stoffa. Dalla retrocessione subita al GP di Spagna lo scorso anno Kvyat sembra aver perso la bussola, senza mai ritrovare la concentrazione necessaria alla continuità e al raggiungimento dei risultati. Troppi gli errori nel corso di queste ultime due stagioni: come dimenticare gli incidenti con Vettel in Cina e Russia, ma anche l'ultimo errore di Singapore. Un dritto banale, un brutto errore che gli ha fatto chiudere la gara nel peggiore dei modi.

Kvyat non è che l'ultimo di una lunga lista di piloti che hanno fatto la loro breve apparizione in Formula 1 sotto l'egida Red Bull per poi incappare nella ghigliottina che inevitabilmente, uno dopo l'altro, li ha esclusi dal giro. Buemi, Alguersuari, Vergne, Bourdais sono solo alcuni dei volti del recente passato (senza discuterne ora le caratteristiche tecniche) sacrificati sull'altare dei vari Vettel, Webber, Rcciardo o Verstappen, senz'altro più talentuosi, senz'altro con una differente stoffa. Una politica forse discutibile, sicuramente spietata, ma che non fa distinzioni e che offre la possibilità di dimostrare il proprio valore subito, senza seconde possibilità. Il talento c'è o non c'è, questa la filosofia di Helmut Marko, e chi ce l'ha sa dimostrarlo nel momento giusto. 

Una sostituzione, quella di Kvyat con il giovane Gasly (che proprio lo scorso anno ha soffiato il titolo della GP2 al nostro Antonio Giovinazzi) da valutare anche nell'ottica di una definizione della line up dei piloti per il 2018 in Toro Rosso. L'approdo della Honda nel team di Faenza, e soprattutto la partenza di Carlos Sainz verso la Renault, ha lasciato ancora aperta la lotta per i due sedili, con il russo e il francese che se la vedranno molto probabilmente con Matsushita (gradito alla Honda) per un posto in griglia nel 2018. Una lotta a tre per due sedili dunque, che ancora non ha delineato gli elementi per poter formulare serie ipotesi al riguardo. Kvyat peraltro è legato alla Scuderia Toro Rosso anche dallo sponsor russo Acronis, azienda di software, che caldeggia naturalmente per la sua  permanenza; la concorrenza sarà però in ogni caso agguerrita. Gasly si prepara da oltre un anno al debutto, e ha già dimostrato di essere pilota veloce e concreto; anche se potrebbe (come si vocifera) fare le sole gare di Malesia e Giappone per poi tornare a giocarsi il titolo nella SuperFormula giapponese, i risultati che potrebbe raccogliere in questi due appuntamenti saranno importanti da valutare agli occhi della squadra sulla direzione da prendere per il 2018.

Stefano De Nicolo'