Non capita tutti i giorni di poter vivere un’esperienza simile. Entrare nel mondo Pirelli, osservare da vicino i tecnici impegnati al lavoro, addentrarsi nella sala meeting, dove gli ingegneri confrontano i dati al termine di ogni giornata in base ai feedback provenienti dai vari team. Nonostante i ritmi e le tempistiche di una sessione di test siano assai diversi rispetto a quelle di un qualsiasi week-end di gara, è sufficiente mettere piede nell’hospitality del fornitore unico di pneumatici per il Mondiale di Formula 1 per trovarsi catapultati in una realtà dinamica e in continuo movimento.

Tutto è strutturato alla perfezione, nella casa mobile della Pirelli: al piano terra l’area dedicata al bar-ristorante, dove ospiti e media vengono accolti con un immancabile sorriso che, per tutti i nostri connazionali abituati a girare il mondo con il Circus, regala sempre quella piacevole sensazione di sentirsi un po’ a casa; più in alto, le riservatissime aree dedicate agli ingegneri, nei pressi delle quali si trovano anche gli uffici di Paul Hembery e Mario Isola, rispettivamente Motorsport Director e Racing Manager della casa milanese, con il supporto dell’onnipresente Roberto Boccafogli, passato recentemente a ricoprire il ruolo di Responsabile della Comunicazione dopo una lunga carriera ad alti livelli nel mondo del giornalismo da corsa.

Basta poi spostarsi di pochi metri per osservare da vicino il lavoro dei tecnici, i quali ci mostrano in esclusiva la delicata operazione denominata “fitting”: si tratta del montaggio delle gomme sui cerchi, alla quale poi segue la verifica dei corretti valori in termini di pressione e bilanciamento. Affascinante notare come gli uomini Pirelli si muovano in simbiosi, seguendo una sorta di “danza” che prevede tempistiche precise e nessuna possibilità di distrazione: il tutto per mettere ogni mattina a disposizione dei team, entro le 8, gli pneumatici che verranno poi utilizzati durante la giornata di test. L’operazione inversa, denominata “defitting”, viene quindi messa in pratica ogni sera, dopo che le squadre riconsegnano i treni di gomme utilizzati; in contemporanea, gli ingegneri (uno allocato presso ogni team) si riuniscono sotto la supervisione del racing manager Mario Isola e del responsabile degli ingegneri Max Damiani, per confrontare i dati emersi nel corso della giornata.

Il Racing Manager ci accoglie in una sala dove alle sue spalle giganteggia una foto di Alberto Ascari. “Tutti i dati che raccogliamo – spiega Isola – sono molto utili, sia quelli ottenuti a fine giornata ma anche quelli che ricaviamo analizzando le telemetrie forniteci dai team: occorre sottolineare che abbiamo a che fare con vetture estremamente diverse tra loro, che a causa di fattori come la potenza del motore, il carico benzina e quello aerodinamico, ma anche lo stile di guida del pilota, sottopongono lo pneumatico ad uno stress decisamente variegato. Non dobbiamo dimenticare, infatti, che è nostro compito quello di fornire un prodotto capace di adattarsi a tutte le vetture e tale da garantire un omogeneo livello di performance e di degrado: nel momento in cui decidiamo le due mescole da mettere a disposizione nei week end di gara, attingiamo naturalmente anche da questo nostro ampio database di informazioni”.

La scelta delle mescole è sicuramente un tema molto caldo: dopo un 2014 durante il quale qualcuno ha “accusato” Pirelli di effettuare delle scelte troppo conservative, ci si chiede quale possa essere la filosofia che verrà adottata sotto questo punto di vista nel corso della prossima stagione. “La scelta viene effettuata sulla base di una serie di analisi che riguardano il layout del circuito, il tipo di asfalto, le condizioni ambientali che ci attendiamo ed i dati provenienti dalle nostre esperienze passate. L’anno scorso hanno debuttato le vetture nuove, con power train, coppia e aerodinamica molto diversa rispetto al passato. Da parte nostra, dovendo coprire con quattro mescole la bellezza di venti circuiti su undici team diversi, abbiamo cercato di trovare sempre il giusto compromesso per arrivare ai due-tre pit stop, ovvero l’obiettivo richiesto dalla Federazione. Credo che questo target sia stato raggiunto ampiamente”.

A meno che non intervengano fattori imprevisti dell’ultimo momento. “La gara di Sochi, nostro malgrado, ha rappresentato un caso anomalo. Lo strato definitivo di asfalto è stato depositato solo 15 giorni prima della gara, così ci siamo ritrovati praticamente senza punti di riferimento e senza possibilità di reagire: esso ha manifestato delle caratteristiche di adesione chimica davvero notevoli, che ha consentito ai piloti di avere da subito un buon grip con le gomme medie. Dubito, comunque, che il prossimo anno troveremo nuovamente delle condizioni simili: in ogni caso faremo prima le nostre consuete analisi”.

Si è parlato di un incremento prestazionale delle nuove monoposto pari a circa 2”-3” al giro: sarebbe però interessante capire fino a che misura esso potrà essere ricondotto al rendimento delle gomme. “La differenza principale rispetto al passato riguarderà la costruzione degli pneumatici posteriori: nel 2013 abbiamo sviluppato le coperture per le vetture dell’anno successivo senza però averle a disposizione, basandoci pertanto in maniera esclusiva sulle simulazioni effettuate in collaborazione con le squadre. In base ai dati raccolti ed ai test effettuati nella passata stagione, siamo adesso intervenuti realizzando un profilo che distribuisce meglio le temperature sotto l’area d’impronta, che ci aspettiamo possa migliorare la trazione in uscita di curva favorendo un incremento delle prestazioni stimabile in alcuni decimi al giro. Un altro intervento è stato inoltre effettuato sulla mescola Supersoft, mirato a mantenere la stessa performance ma al tempo stesso cercando di creare una mescola più resistente sia al fenomeno del graining che a quello del blistering. Dobbiamo comunque sottolineare che le nuove monoposto hanno effettuato un miglioramento davvero notevole, come già si era intravisto nella seconda metà dello scorso anno, ed ovviamente tutto ciò incide sullo stress della gomme”.

A Jerez, inoltre, si è vista in pista la copertura prototipo Winter Hard, appositamente studiata per affrontare le basse temperature dei test invernali. “E’ un pneumatico nato da un’esigenza delle squadre che noi abbiamo assecondato, volta a dare loro la possibilità di lavorare con una copertura consistente in condizioni di freddo intenso, ma che naturalmente non verrà utilizzata nel corso della stagione. I nostri colleghi dei materiali hanno lavorato molto bene, creando una mescola Hard ma con un working range ancora più basso: questo per garantire una massima efficienza a una temperatura d’esercizio nettamente minore a quella della hard normale, evitando quindi i tipici fenomeni di graining che si possono verificare quando non si raggiunge rapidamente la finestra ideale d’esercizio. Essa è stata utilizzata da tutti i team ed i riscontri sono stati molto positivi”.

A proposito di working range: analizziamo meglio di cosa si tratta. “Ogni mescola ha la sua temperatura ideale di lavoro – continua Isola - che rappresenta naturalmente un intervallo: ad esempio, la Hard inizia a funzionare nel momento in cui raggiunge i 100° fino ai 125°-130°, la Winter Hard di cui abbiamo parlato parte già dagli 80°, e così via. Il segreto è riuscire a mantenere la gomma nel proprio range di funzionamento: se si va sotto la temperatura ideale, il grip diminuisce ed è facile assistere a fenomeni di graining, ovvero quella sorta di “effetto buccia d’arancia”; se si supera la temperatura si verificano invece dei fenomeni di surriscaldamento, come ad esempio il blister, il quale spesso si manifesta come una striscia di colore più scuro sulla gomma, proprio perché lungo il battistrada si formano delle zone con temperature più elevate”.

Capitolo rapporto con i team: la collaborazione assume un’importanza fondamentale in quest’ottica. “In Formula 1 si trova il massimo livello di competizione del motorsport a livello mondiale: naturalmente ognuno è attento alla riservatezza dei propri dati, ma i team sanno benissimo che le loro informazioni di cui siamo in possesso non vengono condivisi con i propri competitor. A tal proposito, è stato realizzato un sistema informatico che impedisce ai nostri ingegneri allocati nei vari team di visionare i dati dei rivali: in Pirelli il gruppo di persone che ha a disposizione l’accesso a questo tipo di informazioni è molto ristretto. Le squadre hanno capito da subito che siamo un’azienda seria e per questo motivo abbiamo sviluppato un ottimo rapporto di collaborazione: intendiamo continuare a portare avanti questa sfida con determinazione e professionalità”.

Curioso, infine, conoscere quale sia il destino al quale vengono sottoposti gli pneumatici, una volta esaurito il proprio ciclo vitale. “Essi vengono trasferite tutti in Inghilterra, una volta che i team hanno provveduto alla restituzione; dal nostro centro di tecnologia a Didcot vengono portati presso dei cementifici, dove vengono tritati e bruciati. Quest’ultimo processo, che avviene ad una temperatura di oltre 1000°, consente di creare energia senza inquinamento: si tratta di uno studio volto a riciclare gli pneumatici condotto anni fa da Pirelli che sta regalando ottimi risultati”. Spesso e volentieri, la forza di un’azienda sta nella capacità dei propri uomini di mostrarsi all’altezza delle grandi sfide che quotidianamente si presentano loro: Pirelli, da questo punto di vista, anche in un mondo difficile e competitivo come quello della Formula 1 si conferma esempio di professionalità, stile e dinamismo. Italians Do It Better.

Da Jerez - Marco Privitera

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